Murakami il film (ovvero l’inesplicabile passione per un artista)

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La notizia è semplice: il regista vietnamita naturalizzato francese Tran Ahn Hung porterà al Festival di Venezia un film tratto da Norvegian wood (Tokio blues) di Haruki Murakami.

La notizia è semplice: il regista vietnamita naturalizzato francese Tran Ahn Hung porterà al Festival di Venezia un film tratto da Norvegian wood (Tokio blues) di Haruki Murakami. La notizia è semplice ma io faccio un salto sulla sdraio. «Che bello» dico. E poi penso: ci riuscirà? Sarà in grado di rendere il fascino di quella storia di giovani nel ’68 giapponese? Ci emozionerà un’altra volta o lo rovinerà per sempre? «Che idea del cavolo farci un film» dico.

Lascia che le librerie seppelliscano i romanzi.

 

Non è che faccio così ogni volta che esce un film tratto da un libro, anzi. Mi sono divertito a vedere Romanzo criminale (pure la serie tv!) e anche Amabili resti mi è piaciuto, e da ragazzo sono stato felice quando ho visto il film tratto dal primo romanzo che ho veramente amato: Qualcuno volò sul nido del cuculo; certo era diverso, ma chi se lo dimentica Jack Nicholson! E l’indiano alto due metri?

No, non sono quel tipo di persona che dice: «Era meglio il libro» anche se ha appena visto il Gesù di Zeffirelli…

Questo è un caso diverso, qui si tratta dell’inesplicabile passione per un artista.

Infatti è difficile spiegare la simpatia istintiva e confermata poi negli anni per un autore, il fatto che aspetti l’uscita di un suo nuovo lavoro oppure fai incetta di tutti i suoi libri, te li leggi subito appena acquistati, mentre altri che hai comprato da tempo s’impolverano sulla libreria. Se vedi qualcuno che legge un suo libro in metropolitana te lo scruti e pensi: lo capirà? Se lo merita? Se poi avviene il fenomeno più eccitante che possa succedere e cioè che scopri uno scrittore che nessuno di quelli che conosci ha mai letto e a poco a poco diventa più conosciuto, allora ti prende il sentimento duplice della gelosia e del compiacimento. Sei geloso (ma non ero solo io degno di capirlo?) e compiaciuto (finalmente ve ne siete accorti!), oggi ho letto che Norvegian wood piace molto a Giovanni Allevi: bravo Giovanni. Ma poi Haruki non scrive molto e in Italia viene tradotto anche meno…

Se fosse vivo Simenon e potessi aspettare l’uscita di un suo romanzo, sarei a posto: mi piace da matti e ha scritto talmente tanto che i suoi lettori appassionati potevano godersela. Lo stesso si può dire per i lettori fissati di Camilleri. Ma Camilleri non è Murakami per me.

Il primo suo libro che ho letto è stato Dance dance dance; avevo appena preso una mezza cotta per la letteratura giapponese e da bravo neofita mi ero letto Mishima, troppo tradizionale e tradizionalista; poi mi ero liberato della giovane Banana Yoshimoto, così alla moda; avevo speso qualche mese sul monumentale Oe Kenzaburo; e infine la mia amica Angela mi aveva detto: mai incontrato Murakami?

No. Lo incontrai. Ci piacemmo. Beh, lui piacque a me, perché non credo che gli verrà mai all’orecchio l’esistenza di un suo piccolo fan italiano…

E la cosa incredibile è che nemmeno io lo so, perché lo sento così vicino, perché il suo tono mi sembra così famigliare, perché le sue storie mi fanno pensare alle cose che mi capitano o che mi potrebbero capitare. Certo in Kafka sulla spiaggia è pienamente fantareale, ma altre volte no (Norvegian wood, per esempio, è un romanzo realistico). Insomma non è che mi piace perché rappresenta un ideale estetico, è solo che mi piace. Non penso che sia il più grande scrittore vivente e poi odio le classifiche nell’arte, so solo che leggerlo mi piace molto. Questo piacere inesplicabile è il dono dell’arte della scrittura (e non solo della scrittura).

Quindi sto scrivendo queste righe, non per far sapere a tutti che mi piace un autore, ma per riaffermare questo piacere. E voglio dire che esiste davvero una sorta di fraternità letteraria. E voglio dire che mi sento fratello (ecco, magari il fratello più stupido) di Haruki Murakami. E voglio dire che, a cercarli bene, ci sono dei fratelli letterari in giro, e qualche volta magari dei cugini, dei cognati, che ci fanno sentire meno soli.

Ammettiamolo. Tu sei il fratello scemo di Carver? Piacere, io sono il nipote ottuso di Fitzgerald. Conoscevo una volta il figlio dimenticato di Vonnegut… Se è per questo io frequento da qualche tempo un cugino alla lontana di Malcolm Lowry! Capito? Non siamo soli.

Adesso su Youtube ho trovato un frammento del film tratto dal romanzo di Haruki, me lo guardo, guardatelo con me, appare un tizio per pochi secondi… E quello sarebbe il protagonista? Lei è carina però… Beh, boh, sarà, vedremo… Vado a rileggere il libro.

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