Seth Price e l’ossessione delle date

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Giorno, mese anno. Scritti frettolosamente con la mano che già pensa ad altro o con minuzia sul retro di una foto. Inconsapevoli tentativi di fermare l’inesorabile scorrere del tempo...

Giorno, mese anno. Scritti frettolosamente con la mano che già pensa ad altro o con minuzia sul retro di una foto. Inconsapevoli tentativi di fermare l’inesorabile scorrere del tempo, le date accompagnano la vita, la scandiscono comprimendo in sei o sette numeri le impressioni di un momento, cullano gli animi nostalgici e incitano gli esistenzialisti ad interrogarsi sulla provvisorietà di ogni ogni essere umano.

Nulla sfugge alla propria data, neppure un’ opera d’arte condannata per sempre a portare addosso l’ombra di cifre che pur essendo estrinseche al lavoro dell’autore appaiono indispensabili.

È da questa riflessione che si snoda la recente attività di Seth Price, nato a Gerusalemme Est nel 1973 ma trasferitosi a New York. L’artista dopo aver studiato cinema all’università ha ampliato il campo d’indagine, proponendo un percorso multidisciplinare che comprende pittura, scultura, fotografia, suono, video e scrittura con particolare attenzione al ruolo svolto dai mezzi di distribuzione e diffusione dell’informazione nella ridefinizione delle pratiche creative.

Di grande impatto visivo sono i lavori intitolati ‘Calendar Paintings’ (2003-2004), ospitati dal Mambo di Bologna, dal Kölnischer Kunstverein di Colonia nel 2008 e dalla Reena Spaulings Gallery di New York nel 2009. Realizzati a getto d’inchiostro su tela, i calendari recano immagini di pubblicità, grafiche computerizzate e riproduzioni di dipinti di pittori americani poco noti al grande pubblico e risalenti al periodo compreso tra le due guerre mondiali, epoca che precede l’enorme diffusione dell’arte d’oltreoceano in Europa avvenuta nel dopoguerra. Emblematica è la presenza in ogni singola opera della datazione originaria di produzione, segno tangibile dell’ossessiva intromissione delle date nella vita dell’artista e, più in generale, dell’uomo. Le sequenze numeriche che indicano giorno,mese e anno e che scandiscono l’indispensabile inganno chiamato “Tempo”, invadono infatti gli spazi della quotidianità, sotto forma di rappresentazioni cartacee appese ai muri comunemente chiamate “calendari annuari da parete”

Seth Price, analizza questi oggetti di uso comune privi della collocazione abituale, svincolati dal contesto con lo stesso occhio straniante del pittore surrealista René Magritte. In questa luce persino un calendario, reso macroscopico da una lente d’ingrandimento, può rivelare insoliti paradossi e assurde contraddizioni: seppure la sua natura sia prevalentemente funzionale e l’arte rappresentata dall’immagine a tema che sovrasta la griglia di numeri sia subordinata al fine utilitaristico, spesso i riquadri sono troppo piccoli da risultare inutili e la raffigurazione pittorica da pura decorazione diventa assoluta protagonista. A prova di questa riflessione mossa dall’artista vi è la tendenza ad acquistare calendari per pure esigenze estetiche, inseguendo questa o quell’altro nostro capriccio o gusto quasi sottovalutassimo la primaria funzione pratica.

È lo stesso autore a fornire la chiave di lettura dei suoi ‘Calendar Painting’ in un video dal titolo ‘Redistribution’: iniziata nel 2007, l’opera riprende una “conversazione d’artista” tenuta al Guggenheim Museum di New York ed è concepita come un lavoro in costante aggiornamento; allo stesso tempo lezione, performance e saggio filmato, oscilla tra finzione e realtà, tra informazione e intrattenimento ed è documentario così come opera d’arte a pieno titolo.

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