“Nulla è mai veramente perduto, o può essere perduto,
nessuna nascita, forma, identità; nessun oggetto del mondo,
né vita, né forza, né alcuna cosa visibile;
l’apparenza non deve ingannare, né l’ambito mutato confonderti il cervello.
Vasti sono il tempo e lo spazio; vasti i campi della Natura.
Il corpo lento, invecchiato, freddo; le ceneri rimaste dai fuochi di un tempo,
la luce degli occhi divenuta tenue, tornerà puntualmente a risplendere;
il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi;
alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
con l’erba e i fiori e i frutti estivi e il grano”.
[Continuità – Walt Whitman (1819-1892)]
Scordarelli di tutto il mondo, unitevi!
Solidarietà, e una parola di speranza, per coloro che con pervicacia sospetta si scordano di compleanni e anniversari e a ogni scadenza dimenticata rischiano crisi matrimoniali e drammi esistenziali.
Perché, diciamolo, ricordare le ricorrenze è contro natura! In cicli – e vite – più naturali, sono le piante a ricordare per noi… Le incrociamo per strada – i nostri pensieri persi in altri mondi – e la loro presenza ci si impone…
Ecco di nuovo il glicine. È già primavera avanzata! Quasi non l’avevamo sentita venire quest’anno, tra piogge e ritorni di freddo… Sul filo dei ricordi si ricostruiscono brandelli di vita, emozioni, interi discorsi… Quanta vita scorre dietro gli occhi di quelli che guidano con lo sguardo apparentemente fisso alla strada!


Come per il glicine di poche settimane fa in questi giorni è fiorito il maggiociondolo, che a scanso di equivoci ha il memo inserito nel nome!

A differenza del glicine, a portamento rampicante, il laburno è un vero alberello. I numerosi semi neri presenti nel legume alla fine della fioritura contengono citisina, un alcaloide tossico per l’uomo e per alcuni animali.
Visto che parliamo di fiori a grappoli, non dimentichiamo i fiori bianchi dell’acacia, sempre in questi ultimi giorni d’aprile, che anche nelle strade cittadine diffondono il loro delicato profumo. Importata in Europa nel 1601 dall’America del Nord, da Jean Robin, botanico del re di Francia, da cui il nome; ampiamente diffusa in Europa e in Italia, dove è considerata una infestante, per la velocità di crescita e la frequenza dei ricacci da polloni sotterranei.

Il bello con le piante, è che non bisogna ricordarne le ricorrenze: sono loro a riproporle, con una costanza rassicurante. Con maggior forza quando si vive in campagna; ma il terrazzino di una casa di città non è da meno a mantenere l’aggancio con i cicli e i ritmi della natura, nelle nostre vite centrifugate: è anche per questo che lo si mantiene.
Forse più saggi di noi i giapponesi, che prevedono dei giorni di festa per l’arrivo della primavera, e la fioritura dei ciliegi (sakura) è un evento nazionale [V. su “O”: Passeggiate per i giardini del mondo del 13.05.07]

Certo chi ha un legame con la terra non deve temere di perdere il contatto con i cicli delle stagioni; piuttosto deve difendersi da una consapevolezza troppo acuta del tempo che passa.

Il mughetto portafortuna. Il primo maggio in Francia – ma anche in Svizzera e Belgio – si usa regalare mazzolini di mughetto portafortuna. Per alcuni solo gli steli di mughetto che spontaneamente recano tredici campanelline portano fortuna. In campagna si dice che l’usignolo, a primavera, aspetti la fioritura del primo mughetto per volare nel bosco a cercare la sua compagna. Nel linguaggio dei fiori il mughetto simboleggia la felicità che ritorna. Le spose di maggio hanno sempre il virgineo mughetto nel loro bouquet.
Abbiamo già incontrato il mughetto tra le piante profumate [V. su “O”: Il giardino e gli odori del 30.04.07] e ancora tra quelle tossiche (angelo e demone insieme) [ V. su “O”: Piante tossiche, medicamentose, allucinogene (prima parte) del 10.06.07], per il suo contenuto in glicosidi cardioattivi. Soprattutto le bacche rosse che si sviluppano a fine estate, possono essere messe in bocca dai bambini piccoli.

Se c’è una stagione privilegiata per andare per strade di campagna e tratturi montani, per boschi e siepi, quella è l’inizio della primavera. Sorprese ad ogni passo e tante idee da riportare indietro; o anche bottini più reali, come gli asparagi, i germogli di clematis vitalba e del pungitopo (ruscus aculeatus: attenzione! In alcune regioni è specie protetta) e quelli meno conosciuti del luppolo (detti bruscandoli), che in mani esperte diventano vere prelibatezze.
Ma dalle uscite si portano sempre indietro un fiore sconosciuto da classificare, o qualche piantina del sottobosco di cui tentare l’attecchimento in vaso. Come questa piccola pianta strisciante dall’attraente fiore blu…

La primavera è anche il periodo prediletto per la fioritura del maggior numero di varietà di clematide; altre hanno fioritura estiva [V. su “O”: Le clematidi, o della meraviglia del 05.07.09].

Un esercizio interessante – non che si faccia apposta, ma qualche volta accade – è il collegamento delle stagioni ai fatti della vita. Forse non sarà un dato statisticamente accertato, ma nel sentire comune la primavera è collegata con il risveglio della vita e della sessualità… – I giardini di marzo si vestono di nuovi colori / e le giovani donne in quel mese vivono nuovi amori – cantava Lucio Battisti, nella preistoria degli anni ’70. Di certo c’è la montata della linfa, che continua a gemere dalle piante, quando si arriva troppo tardi a potarle (per cui in campagna si dice che ‘piangono’). In primavera inizia la stagione riproduttiva degli animali. Anche molti ritmi umani sono collegati con la luce e il fotoperiodo, e una scienza apposita – la ‘Cronobiologia’ – studia questi fenomeni.
All’opposto, nella stessa selva del luogo comune e della sapienza popolare, l’autunno è associato – insieme alla caduta delle foglie – al letargo degli animali e alla quiescenza; negli umani alla malinconia.
Comunque sia, aprile è il mese che più fa pensare alla gioia… Forse per l’abbondanza di fiori e colori della primavera – che però entra ufficialmente il ventuno di marzo – o per quel ‘ri’ celato dentro la parola, che fa presagire un sorriso… Marzo, più grave, non ce l’ha!

Una filastrocca in forma di canzone. “A child’s counting rhyme, a cuckoo calling, a country walk, a changing love, a changing year, a tune that lilts like soft wings across the trees”.
(“Una filastrocca per bambini, il richiamo di un cucù, una camminata in campagna, un amore che cambia, un anno che se ne va, una melodia che suona come il fruscio di ali delicate tra le foglie di un albero”).
Così è presentato questo breve componimento musicale in una nota del ‘Paul Simon Songbook’ del 1965. Il brano fu inserito nella colonna sonora de ‘Il Laureato’ e molti lo ricorderanno da quegli anni… L’abbiamo riascoltato di recente – insieme ad altri brani sempre di Simon e Garfunkel – nel film di Salvatores ‘Happy family’.
April, come she will / when streams are ripe and welled with rain
May, she will stay / resting in my arms again
June, she’ll change her tune / in restless walks she’ll prowl the night
July, she will fly / and give no warning to her flight
August, die she must / the autumn winds blow chilly and cold
September, i’ll remember / a love once new has now grown old
E questa che segue è la filastrocca originale, che si riferisce al cuculo; mentre nella canzone – e nel breve filmato – viene riproposta come metafora del ciclo di un (breve) amore:
The cuckoo comes in April
She sings her song in May
In June she changes her tune
In July she prepares to fly
In August go she must.
Aprile, lei verrà
Quando i ruscelli sono pieni e gonfi di pioggia
Maggio lei si fermerà
E riposerà tra le mie braccia ancora
Giugno, lei cambierà musica,
in passeggiate senza pace lei si aggira nelle sue notti
Luglio, lei volerà via
E non darà alcun avvertimento del suo volo
Agosto, lei deve morire
I venti dell’autunno soffiano brividi freddi
Settembre, io ricorderò
Un amore una volta nuovo, che ora è diventato vecchio