Roma 11 aprile – Auditorium Parco della Musica – È inutile stare a parlare di Nico, modella attrice musa cantante musicista etc, della sua vita, della sua morte e dei suoi amori. Quello che qui importa è la sua musica. Ancora oggi un oggetto alieno partorito da una creatura “borderline”, senza precursori né epigoni. Unica appunto.
Rimane pertanto imbarazzante pensare ad un tributo alla sua musica. Nessuno può riuscire a riproporre quelle atmosfere gelide, remote, disturbanti e soprattutto quella voce teutonica strascicata, quella intonazione “altra” dovuta anche al progressivo deteriorarsi dell’udito. Il suono dell’armonium poi, quasi a sancire il carattere ultraterreno della sua musica, non fa altro che accentuare ancora di più, se possibile, la sensazione di straniamento e di desolazione.
John Cale, compagno di suoni/rumori nell’imprescindibile primo album dei Velvet Underground e poi nelle vesti di produttore e musicista nei suoi album Marble Index, Desertshore e The End, altrettanti capolavori assoluti, specie i primi due (dai quali provengono la gran parte delle canzoni in scaletta) ci ha comunque provato. Ha formato una band e chiamato importanti musicisti della scena alternativa a collaborare per un omaggio all’opera della sfortunata e immensa Christa Päffgen.
La Sala Santa Cecilia dell’Auditorium è piena quando John Cale e la sua band salgono sul palco.
Curvo sul piano svolge i primi accordi di Frozen Warnings, stravolgendola completamente con la sua voce tonante e con un impasto strumentale potente tanto da sembrare più una sua canzone che un pezzo di Nico.
Quandi entra in scena Lisa Gerrard divinamente avvolta da un abito di velluto rosso, il fantasma di Nico aleggia sulla sala. Lisa scava in fondo all’anima nera della tedesca, regalando una The Falconer da brividi.
È la volta di Laetitia Sadier che tinteggia My Only Child di venature country, alleggerendone i toni cupi. Sublime.
Mark Lanegan invece si cimenta con Roses In The Snow, alterandone l’essenza per scivolare in un pasticciato clone di se stesso.
Bianca “Cocorosie” Casady recita la filastrocca teutonica Abschield con la sua squillante voce da chioccia strozzata/elfo impertinente.
La Janitor Of Lunacy di Joan As A Policeman acquista un curioso groove funky, che potrebbe anche far storcere il naso ma che risulta invece molto interessante.
I Mercury Rev colorano Fearfully In Danger di psichedelia avvolgente ed onirica.
My Brightest Diamond conclude la prima parte del concerto con la convincente riproposizione di Ari’s Song.
La seconda parte si apre con Joan As A Policeman. Seduta al pianoforte con la sola voce ci regala una My Heart Is Empty da brividi, più scarna e forse addirittura più struggente dell’originale.
Lisa Gerrard ritorna a riempire la sala delle sue profondità vocali con No One Is There, leggermente al di sotto della precedente esibizione.
Uno degli apici della serata viene toccato dall’incantevole leggerezza di Laetitia Sadier, con la sognante ma non meno gelida Afraid. Perfetta.
Quindi Mark Lanegan si riscatta parzialmente con una suadente You Forgot The Answer.
John Cale ci offre poi una poderosa e bella Sixty-Forty.
L’altra metà delle Cocorosie, Sierra Casady, folleggia, perdendo un po’ di mordente rispetto alla sorella, sulle note di Win A Few.
Risalgono sul palco i Mercury Rev. Un drone minimalista fende la sala, poi attacca potente la sezione ritmica. Quindi uno spiritato Jonathan Donhue dirige il mantra noise-psichedelico di Evening Of Light, mentre la band di Cale dà il meglio di sé in un crescendo devastante, scolpendo un suono che sfiora la leggenda velvetiana. Pura estasi sonora.
Suggestiva anche la versione di Tananore di Soap&Skin, piombata in sala al termine del suo concerto appena tenutosi nella sala Sinopoli dello stesso Auditorium.
John Cale invece provvede a rendere dimenticabile la sua versione di Facing The Wind, infarcita di sterili tastierismi.
Alla fine tutti sul palco per la cavalcata-capolavoro di All That Is My Own, con Cale alle spalle dei suoi ospiti a scandire con tonante precisione il tempo e a chiudere in degno modo una serata di grande musica.