L’alluvione in Perù, il sisma ad Haiti e recentemente lo Tsunami in Cile hanno messo in ginocchio gran parte dell’America centro-meridionale dove si è alzato e si sta alzando tutt’ora un grande urlo d’aiuto per quei popoli già afflitti da miseria e povertà e che si vedono costretti a fronteggiare delle catastrofi.
Giusy Sammartino è una di quei tanti volontari privati e non, che da ogni parte del mondo, va in aiuto alla gente meno fortunata. E’ partita per il Perù e si è trovata a dover affrontare l’alluvione più grave degli ultimi decenni.
Giusy, da dove è nata l’idea di far un’esperienza di volontariato?
Tutto è partito dal mio immenso amore verso il Sudamerica. Sono affascinata da quella terra, dai suoi colori e dai suoi abitanti. Inoltre ho un’amica, Paola Castellani, che da qualche anno lavora presso un’associazione la “PeruEtico” che si occupa di 3 progetti, 3 case famiglia che accolgono bambini abbandonati con alle spalle problemi familiari o serie malattie, come la sindrome di Down o l’autismo. Per di più organizzano dei tour turistici responsabili, cioè uniscono le bellezze dei luoghi tipici del Perù alle visite alle citate case famiglia, accompagnando i turisti al contatto diretto con i bambini.
Puoi raccontarmi un episodio emblematico che illustra il tuo periodo di volontariato in Perù?
Sicuramente il post alluvione con l’ambiente circostante devastato, non era rimasto assolutamente nulla. Andare in villaggio (la comunità Huacar Pay) ad aiutare la povera gente alluvionata è il mio ricordo più forte.
Dell’alluvione che ha colpito il Perù, qui in Italia, sono arrivate notizie parecchio filtrate ma tu che lo hai vissuto in parte, puoi dirci cosa è effettivamente successo?
Ha piovuto per 4 giorni ininterrottamente ed in maniera intensa creando un gran disastro. Arrivata in Italia ho notato come sui giornali si parlasse solo dei turisti rimasti intrappolati sul Machu Picchu ma la realtà che oltre ai turisti, l’alluvione ha colpito parecchi villaggi intorno a Cusco. Le case di argilla e paglia si sono sciolte completamente ed i villaggi interamente distrutti, guardi una visione devastante. Campi allagati, case distrutte, massi che cadevano ed in tutto questo gli abitanti dei villaggi anziché scappare rimanevano accanto alle proprie abitazioni per salvare il salvabile. Una visione surreale.
Secondo te, quanto può essere utile utilizzare modelli e teorie occidentali in realtà differenti come può essere quella peruviana?
Può essere utilissimo ma solo se le nostre tecniche vengono contestualizzate all’ambiente. Non bisogna stravolgere i loro usi e costumi, perché se si facesse così, loro non capirebbero che il nostro intervento non è un aggressione bensì un aiuto reale. Fondamentalmente loro hanno bisogno di un aiuto dal punto di vista sociale. Bisognerebbe insegnar loro il rispetto delle regole, aiutarli a sfruttare al meglio le proprie ricchezze e creare un’istruzione tale da poter dar maggior valore all’infanzia ed alla crescita di una nuova loro società.
Come sei stata accolta dalla comunità peruviana?
In maniera curiosa, la gente che mi incontrava era curiosa di vedere un’europea bionda e con gli occhi verdi. Ma oltre alla curiosità sono stata accolta per certi versi con cordialità ma per altri come se fossi un pollo da spennare dei suoi Euro.
Quindi come descriveresti la cultura peruviana?
La dividerei in due aspetti: per una parte ha quegli aspetti tipici sudamericani, come la calma, la cordialità, la curiosità ma dall’altra ha un aspetto occidentalizzato frutto di un’occidentalizzazione iniziata ma mai completata.
Se pensi al Perù qual è la prima immagine che ti viene in testa?
Senza dubbio la Mamita che vende il Choclo (pannocchia) con il queso (formaggio) per strada.
Senza l’apporto del volontariato straniero, cosa sarebbe il Perù?
È una domanda difficile alla quale rispondere, probabilmente andrebbero avanti nonostante siano parecchio indietro rispetto al resto del mondo. Si pensi all’utilizzo di quei sistemi arcaici che esistono ancora lì, del tipo la coltura dei campi con l’aratro trascinato dal bue oppure le donne che trascinano sacchi enormi per strada, cose da noi ormai superate.
Ma c’è una così tale diversità tra noi occidentali e loro?
Si tantissima, se si considera che i bambini non sono affatto tutelati, devono affrontare sin da piccoli situazioni molto più grandi di loro, come il poter essere legalmente abbandonati per strada ed essere così classificati come figli di nessuno, per te è normale?
Ma le istituzione in Perù non esistono?
Ovviamente esistono, non si parla di un paese anarchico, ha le proprie leggi e la propria politica che ritengo parecchio contestabile in alcune sue decisioni. E per certi aspetti è veramente poco presente. Per fortuna che per l’alluvione in Perù erano presenti parecchi volontari, pensa che anche i turisti anziché continuare il loro viaggio si fermavano nei villaggi a dar una grossa mano d’aiuto a tutta quella povera gente, portando viveri e soccorso.
Sei ritornata da qualche giorno, in che situazione hai lasciato il Perù? Hai altre notizie?
L’ho lasciato in completo stato d’emergenza ma pian pianino tutto sta ritornando sui giusti binari.
Che consiglio daresti ad un giovane come te che si appresta a fare una simile esperienza?
Di andare senza remore e di abbandonare in aereo quell’idea europea del classico viaggio pieno di comfort. Guardare oltre, godersi tutta la cultura peruviana ed aprirsi alla gente del luogo che ha tanto da dare.
Quali cambiamenti ha apportato, questa esperienza di volontariato, alla tua vita quotidiana?
Mi ha fatto innamorare sempre di più del Sudamerica. Inoltre mi sono resa conto che noi europei ci facciamo troppi problemi superflui, del tipo non avere la macchina nuova o il telefonino ultratecnologico. Lì ognuno di noi può dare una grossissima mano d’aiuto a quella gente che sostanzialmente non ha bisogno di cambiar modo di vita bensì di migliorarlo con le nostre innovazioni.
Quali progetti hai per il futuro?
Sono nell’ottica che “ogni lasciata è persa” quindi ho intenzione quanto prima di ritornar lì per collaborare a lungo termine con una qualche associazione di volontariato. Però non prima di aver portato a termine l’organizzazione di una cena di beneficenza nella mia città. Voglio far conoscere la vera realtà peruviana per sensibilizzare anche coloro che conoscono il Perù solo come il paese degli Incas.