Live fast, die young: Sid Vicious

di

Data

Tossicodipendente, autodistruttivo, antieroe, ribelle, infelice, contraddittorio e pessimo musicista, Sid Vicious, morto il 2 febbraio 1979 a soli ventitrè anni per un overdose

Tossicodipendente, autodistruttivo, antieroe, ribelle, infelice, contraddittorio e pessimo musicista, Sid Vicious, morto il 2 febbraio 1979 a soli ventitrè anni per un overdose, rimane uno dei personaggi più interessanti di quello che eravamo abituati a chiamare panorama musicale e che oggi sembra invece più ricordare la vista di una gigantesca appestante pattumiera.

Icona di quella generazione degli anni  70 che cercava in lui lo specchio della propria rabbia e del proprio malessere, Vicious, all’anagrafe John Simon Ritchie, divenne noto più per la sua follia, della quale abbondava, che per la sua maestria musicale, della quale invece era oltremodo sprovvisto; difatti venne scelto da Malcolm McLaren, produttore discografico e padrone di un famoso negozio punk a Londra, nei suoi Sex Pistols proprio per la sua abilità scenica, per il suo saper apparire, per la sua stravaganza fuori misura e non certo per le sue abilità da bassista. Ma badate bene a non considerare Vicious solo un pagliaccio da palcoscenico, lui personificava e rappresentava ogni parola negativa, ogni canzone contestata e censurata, ogni accordo distorto che la band inglese suonava; la sua vita, finita per lui con un’accusa di omicidio sulle spalle e una siringa conficcata nel braccio, era la vera protesta contro la finta moralità e il perbenismo che ancora oggi è insito nell’animo occidentale. Sid Vicious sperimentava su sé stesso l’anarchia di quegli anni a differenza di tante false star del tempo, e di oggi, che decantavano di esistenze al limite e di regole mai rispettate, trovandosi poi a condurre vite assolutamente normali.

 

Forse l’aveva già capito Sid, lui che faceva parte di una delle prime band costruite a tavolino, aveva già previsto tutto, dall’avvento di MTV, alle radio divenute vere e proprie aziende distributrici di sola musica a scopo di lucro, passando per la nascita della consapevolezza da parte delle case discografiche di poter controllare ed ingannare i gusti della maggior parte del pubblico; Vicious forse sapeva già come sarebbe andata a finire e non ci ha dato la soddisfazione di vederlo rantolare, negli abissi del dimenticatoio, come fanno oggi tante stelle decadute della musica, nella ricerca di notorietà a qualunque costo. Masochista, perennemente ubriaco, inguaribile eroinomane, il bassista dei Sex Pistols sfidò la vita a duello, perdendo la battaglia terrena ma vincendo la guerra dell’eterno ricordo e scommettiamo che nessuno scorderà mai quel viso volpino, quei capelli rossicci che si agitavano sul palco strimpellando il basso e quel corpo giovane già maledettamente segnato dai tagli dell’autodemolizione fisica.

 

È così che, senza una vera arte che lo contraddistingua, Sid Vicious entra di diritto nel mancato girone dantesco degli eccessi, insieme ad altri miti del passato remoto e recente, contraddistinti tutti da una vita senza freni, votata alla mancanza di rispetto per qualsiasi regola e al puro approccio anarchico alla vita, miti che resteranno indelebili nella mente dei posteri e per i quali “vivi veloce, muori giovane e lascia un bel cadavere” non era una semplice frase, ma una naturale vocazione.

Altri racconti
in archivio

Sfoglia
MagO'