Da giorni Ponza occupa le pagine dei quotidiani, dopo che un magistrato di Latina ha disposto il sequestro di tutti i pontili ai quali attraccano nei week end gli yacht dei ricchi romani. Le accuse parlano di occupazione abusiva di aree demaniali e di inosservanza delle norme ambientali.
Forte è la protesta dei proprietari dei pontili per i provvedimenti presi: si minacciano serrate, scioperi e il blocco dei traghetti. Tanto che venerdì 19, antivigilia della festa dedicata al veneratissimo Patrono dell’isola, San Silverio Papa, morto di fame e di stenti nella vicina isola di Palmarola il 2 dicembre del 537, sono sbarcati a Ponza volanti e camionette di polizia per garantire che la festa di San Silverio, che prevede una processione in mare, venisse svolta senza incidenti. Alcuni dei proprietari dei pontili sembra avessero minacciato di interrompere la processione con azioni dimostrative. Per questo, insieme ad una camionetta di celerini armati di caschi e scudi sono arrivati anche dei poliziotti marini, con moto d’acqua supersoniche e tute da Diabolik, che hanno seguito la processione che conclude la messa – svoltasi senza incidenti – approdando vicino alla spiaggia di Sant’Antonio dove il fondale è talmente basso che uno di loro ha rischiato di capovolgersi a riva con tutta la moto.
Vedere quei Diabolik in difficoltà ha ridato un po’ di allegria agli astanti, meno numerosi del solito perché in effetti la proibizione dell’approdo ha tenuto lontani dalla festa i tanti habitué e ci è messo anche il tempo, il cielo coperto e i brevi spruzzi di pioggia, che le barche in processione cercavano di scacciare con il suono delle sirene mentre fuochi d’artificio lanciati in aria dalla scogliera del porto dicevano a tutti che era l’ora di pranzo.
Per goderci il tramonto e i festeggiamenti previsti per la chiusura della festa ci siamo seduti al bar Maga Circe, tavolini e sedie in stile Portofino, il Mojito servito a tutte le ore, aperitivo o digestivo, con le spalle al passeggio convulso della folla di isolani, che vivono questa festa dedicata al Patrono dell’isola come fosse un Natale d’estate. La festa di San Silverio è un segnatempo implacabile: si dice che dopo il 20 giugno l’estate finisca in un soffio, che il tempo corra più veloce dopo questa data, quando l’isola viene – almeno di solito – invasa dai tanti turisti che la animano, insieme al solleone.
Sotto di noi, accomodati in una sorta di balconata che aggetta sul porto borbonico, il mare all’imbrunire, colorato dal sole che si è deciso ad uscire nel dopo pranzo. Le luminarie decorano le strade del porto: sono geometrie sfavillanti, che gettano ombra sul modesto festone voluto dalla devozione tradizionale del popolo al Santo: un cordone di mirto intrecciato appeso ai lampioni, con le mille bandierine di carta del Pavese che guardano smarrite in su, verso tutti quei megawatt che le mettono in ombra.
Vicino al nostro tavolo sono seduti i maggiorenti del paese, assessori comunali in carica e decaduti, le camicie bianche immacolate, i polsini stirati ad arte: si è in passerella su questa che tutti chiamano piazza e che piazza non è, almeno nella forma. È solo un corridoio alto sul porto, il Municipio che ne forma il centro, il ristorante più alla moda, Acqua Pazza, quindicesimo nella lista della Michelin, pietre di vetro a decorare i tavoli, le ragazze più belle dell’isola come cameriere, i clienti vestiti con varie ricercatezze, le pietanze che galleggiano dalla cucina ai tavoli, spruzzate di basilico o zucchero a velo, a seconda della portata.
Il palco che ospiterà il gruppo dei Matia Bazar per il concerto che chiude la festa è ancora vuoto, solo un tecnico che prova l’audio, soffiando in un microfono il suo : – Saaaa- che suona bene e il tecnico è soddisfatto così chiama al cellulare la fidanzata per dirle quanto l’ami e che gli manca, anche se ha già adocchiato una ragazzetta con cui spera di finire la serata. Delle bambine fanno la spola tra il bar e le bancarelle, ritornando ogni volta con un oggetto diverso vinto alla riffa o alla suonata del campanellino della giostra che le fa volare. Raccontano di quello che vende piccoli animali domestici, quest’anno ha portato delle tartarughe minuscole che costano 150 Euro l’una. E non ne vende nessuna in questi tempi di crisi, per quanto si dilunghi a spiegare quanto siano rare e preziose. C’è la novità delle bancarelle di cinesi, uno di loro che fuma di continuo, soffiando sulla paccottiglia in mostra volute di fumo distratte, che odorano di paesi lontani. C’è l’arrotino che vende ogni lama presente sul mercato, coltelli e padelle, forbici e taglia ricci, si tratta solo di scegliere e di trattare sul prezzo. C’è anche un camion enorme, la ditta Leone, dolciaria di fama. La squadra di lavoranti indossa una maglietta con lo stemma, la luce del camion-negozio illumina da sola la banchina che odora di pesce fritto, è impossibile pensare a come appaia da chiusa, pronta per ripartire alla volta della prossima festa patronale. Vende ogni tipo di torrone, persino quello al limoncello, che signore in sovrappeso addentano senza pensieri, tanto oggi è San Silverio e da domani a dieta, basta un po’ di forza di volontà, come dicono in televisione.
Proprio sotto il palco del concerto che sta per cominciare c’è quello che vende la luce: ha piantato in riva al mare un trespolo che al buio appare come un albero di cocco a misura dei bambini. Si spengono tutte le luminarie nel porto per creare l’atmosfera e lui, intorno è tutto buio, vende a tutti i suoi rami al neon colorati: i bambini ne vanno matti e non riescono a proseguire oltre se non gliene comprano uno. Il colore non importa: ciò che conta è la luce che il ramo rimanda. Sembra uno scettro che contenga tutti i desideri possibili e la luce che emana è un’ anticipazione dei fuochi d’artificio che a fine concerto animeranno il cielo, catturando lo sguardo di tutti.
Il concerto ha inizio con la bellissima e giovane cantante dei Matia Bazar, Roberta Faccani, che ha vinto un Sanremo e infiamma gli animi con la sua voce potente ed una carica vitale che fa dimenticare a tutti il cattivo tempo e le vicende giudiziarie dei pontili, che colpiscono comunque le tasche di tutti gli isolani.
Al nostro tavolo i più hanno saltato la cena, troppo tardi è finito il pranzo festivo, coniglio ponzese e calamari ripieni, una cucina semplice ma ricca, che ci metti una giornata a digerire.
Si siede vicino a noi una donna avanti con gli anni, capelli lunghi biondo platino, un seno abbronzantissimo esibito senza alcun pudore alla gente che passeggia per il corso, avanti e indietro, per vedere e farsi vedere. Il viso della donna è stupefacente. Sembra quello di un transessuale e il modo in cui sorseggia il suo drink, con il mignolo alzato e lo sguardo al passeggio sembra dire: – Guardate quanto sono bella e desiderabile, con questo seno florido e i miei succinti abiti alla moda. Guardatemi via, guardatemi. Per favore. – Del suo accompagnatore non si riesce a scorgere il viso, perché la signora lo mette totalmente in ombra.
Sembra essere lì solo in funzione di lei, perché non si senta troppo sola se gli sguardi che si posano sul suo seno sono di scherno e non di adulazione.
Prima che il concerto finisca, abbandoniamo il tavolino al Maga Circe e ci lasciamo guidare dalle note dei Matia Bazar lungo l’arco del porto, fino al giardino di Mimma da cui si gode una bellissima vista sulla rada e sui fuochi.
Il cancello si chiude alle nostre spalle con un lieve cigolio, chiaro in quel silenzio che si è fatto d’un tratto, nell’attesa che il primo botto esploda. C’è una panchina che guarda sul mare, alle nostre spalle il profumo dei garofani di San Silverio, rosso fuoco e vellutato, che ogni ponzese conserva in casa fino al prossimo San Silverio, come il ramoscello di olivo della domenica delle Palme.
Dalla cappella della Chiesa del Porto, illuminata a giorno dalle candele, San Silverio ascolta lo scoppiettio dei fuochi artificiali, ripassando mentalmente le suppliche e le grazie che i suoi fedeli, oggi più che mai, gli hanno rivolto.
A quanti potrà dare ascolto e in che modo non ci è dato sapere.