Mercoledì sera sono andata alla presentazione di un’opera solennissima: l’ultimo parto del monumentale Marc Fumaroli massimo erudito di Francia, intorno a Chateaubriand appena tradotto da Adelphi (per “soli” euri 55 è possibile acquistare l’augusto volume) e presentato da Jacqueline Risset nella loggia di Villa Medici in una cornice di bellezza e sfarzo rinascimentali.
Per l’occasione mi ero addobbata (per quanto possibile) al meglio e ho fatto così il mio ingresso nel prestigioso consesso stringendo sotto il braccio il prezioso e rivoluzionario volumetto Fantareale allo stesso modo in cui Charlotte Corday dev’essere entrata nel bagno di Marat.
Nella splendida sala degli arazzi mi sono seduta accanto ad Anselma Dall’Olio e Marella Caracciolo Ghia, davanti a me in posa plastica e autorevole, le spalle lievemente curvate dal peso di tanta intellighenzia e cultura sedevano Arbasino e Alain Elkann, poi Giuliano Ferrara ha preso posto accanto alla luminosa consorte occhieggiando felino e cortese proprio sotto l’arazzo che ritrae un magnifico elefante (che ho avuto l’ardire di indicargli con gesto ironico e cordiale cui ha risposto con un sorriso) in uno scenario di palmizi e fauna esotica.
Il direttore Mitterrand è poi entrato e ha aperto con un discorsetto in italiano l’evento. Sapienti e alate (anche piumate) parole sono state pronunciate da Jacqueline Risset e poi da Fumaroli, lo dico questo senza la minima ironia – parole luminose, erudite, cariche di stimoli e suggestioni – molto bello e triste: fuori di quelle mura è raro che si senta parlare con tanta sapienza e erudizione…
Alla fine tutti nella loggia, nella luce rarefatta del crepuscolo sotto i pini e le statue di due giganteschi leoni… e mentre conversavo con Jacqueline Risset complimentandomi con lei ho tirato fuori il dinamitardo libretto omerico e con mille raccomandazioni di leggerlo gliel’ho dato. In quella sopraggiungeva Giulianone Ferrara et Arbasinus impazienti di porgere alla studiosa le loro congratulazioni con scambio di idee.
Per l’occasione mi ero addobbata (per quanto possibile) al meglio e ho fatto così il mio ingresso nel prestigioso consesso stringendo sotto il braccio il prezioso e rivoluzionario volumetto Fantareale allo stesso modo in cui Charlotte Corday dev’essere entrata nel bagno di Marat.
Nella splendida sala degli arazzi mi sono seduta accanto ad Anselma Dall’Olio e Marella Caracciolo Ghia, davanti a me in posa plastica e autorevole, le spalle lievemente curvate dal peso di tanta intellighenzia e cultura sedevano Arbasino e Alain Elkann, poi Giuliano Ferrara ha preso posto accanto alla luminosa consorte occhieggiando felino e cortese proprio sotto l’arazzo che ritrae un magnifico elefante (che ho avuto l’ardire di indicargli con gesto ironico e cordiale cui ha risposto con un sorriso) in uno scenario di palmizi e fauna esotica.
Il direttore Mitterrand è poi entrato e ha aperto con un discorsetto in italiano l’evento. Sapienti e alate (anche piumate) parole sono state pronunciate da Jacqueline Risset e poi da Fumaroli, lo dico questo senza la minima ironia – parole luminose, erudite, cariche di stimoli e suggestioni – molto bello e triste: fuori di quelle mura è raro che si senta parlare con tanta sapienza e erudizione…
Alla fine tutti nella loggia, nella luce rarefatta del crepuscolo sotto i pini e le statue di due giganteschi leoni… e mentre conversavo con Jacqueline Risset complimentandomi con lei ho tirato fuori il dinamitardo libretto omerico e con mille raccomandazioni di leggerlo gliel’ho dato. In quella sopraggiungeva Giulianone Ferrara et Arbasinus impazienti di porgere alla studiosa le loro congratulazioni con scambio di idee.
Il libro Fantareale è stato dunque consegnato e accolto all’augusta presenza del gotha della cultura e ha continuato a circolare tra le mani di Jacqueline anche nel salone adiacente allestito come un banchetto principesco con mousse a forma di pesci e animali mitologici, trionfi di frutta e fiori tra lo scintillio di cristalli colmi di vini sublimi… Insomma per il Fantareale è stata una sorta di segreta e magica investitura. La mousse era celestiale e il luogo di una bellezza tale da insinuare il dubbio di essere senza accorgersene trapassati in un aldilà privilegiato.