“State of play” è un film diretto dall’inglese Kevin Macdonald che ha voluto regalare un omaggio al vecchio giornalismo. Interpretato da Russell Crowe, il film, ripreso da una miniserie della BBC del 2003, è arrivato nelle sale italiane dallo scorso 30 aprile. In questo thriller, il protagonista Cal McAffrey (Russel Crowe), è un reporter del “Washington Globe” che sta seguendo il caso del giovane deputato Stephen Collins (Ben Affleck) con il quale erano amici e compagni di stanza dai tempi del college. Collins presiede la Commissione che sta esaminando l’operato della PointCorp, società americana che grazie alla lotta al terrorismo, condotta con metodi poco ortodossi in Afghanistan e Iraq, ha registrato alti profitti. Ma questi affari sembrano ora messi in pericolo dall’ambizioso e appassionato politico, che però viene sconvolto dalla perdita della segretaria e amante Sonia Beker, rimasta coinvolta in un incidente nella stazione metropolitana. Ma quello che all’inizio appare come il solito scandalo a sfondo sessuale, che coinvolge il politico di turno, ben presto si rivela molto di più.
Quando Collins chiede aiuto al suo vecchio amico McAffrey, nonché amante della moglie, questa volpe del giornalismo con la giovane collega Della Frye inizia ad interessarsi della storia.
Questo è solo l’inizio di un film che appassiona, attira, non stanca. Un film attento ai particolari, che riesce a tenere alta la tensione fino all’ultimo momento anche se visto in prima fila alle due di notte. Un film con scene veloci e asciutte, merito di chi, nel passato, registrava documentari. Un film riuscito grazie al duo perfetto Crowe-Affleck, che ha sostituito pochi giorni prima delle riprese quello di Brad Pitt ed Edward Norton i quali hanno abbandonato il ruolo.
“I temi principali del film sono due – ci racconta il regista Macdonald – la crisi del giornalismo negli Usa e nel mondo e la privatizzazione del settore militare e dell’intelligence. Mi interessava fare un’analisi di come i giornalisti sono percepiti dal grande pubblico. Negli anni ’70 erano percepiti come eroi, oggi siamo tornati agli anni ’30… e la gente li vede come sciacalli alla costante caccia dello scoop. A proposito del secondo tema, invece, penso che sia davvero preoccupante il fatto che i ruoli che venivano svolti per un vero senso di patriottismo, vengano adesso privatizzati e si trasformino in business”.
In un’era in cui uno schermo ha sostituito un foglio, una tastiera una penna, internet un giornale, era proprio necessario tornare indietro. Tornare al giornalismo di strada, a quello genuino, non corrotto dalla politica. “Il nuovo giornalismo è falsità, bugie su bugie, opinioni, politica, arrivismo, senza coraggio, senza onestà, senza accuratezza, senza passione, senza notizie e senza vere informazioni”, è cosi che risponde Russell Crowe in un intervista, dove gli si chiede se esiste ancora un giornalista vero e appassionato, che consuma le suole delle scarpe per cercare notizie vere.
Tutto e anche il campo dell’editoria si sta trasformando, e quando si chiede al protagonista la morale del film, lui risponde: “i giornali oggi possono travisare tutto e trasformarlo in quello che gli fa comodo, a seconda di un preciso momento politico o economico; in ciò che vogliono”.
Esprimendo lo stesso pensiero con parole diverse, Macdonald ci dice: “Oggigiorno i giornali vengono soffocati su tutti i fronti. Le notizie vengono seguite sempre di più in rete e gli sponsor sono più propensi ad investire su internet che sulla carta stampata. Per me il buon giornalismo online non è impossibile, ma c’è già chi pensa che quelli che verranno saranno gli anni d’oro per i politici corrotti… perché non ci saranno più i veri giornalisti che li tengono d’occhio”.