Antonello Avallone: “Vorrei fare una scuola per spettatori”

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Antonello Avallone è attore, regista teatrale e direttore artistico del tetro dell’Angelo di Roma, dove propone spettacoli che vanno curiosamente dalla Napoli di Eduardo Scarpetta all’America di Woody Allen.

Antonello Avallone è attore, regista teatrale e direttore artistico del tetro dell’Angelo di Roma, dove propone spettacoli che vanno curiosamente dalla Napoli di Eduardo Scarpetta all’America di Woody Allen. Così passa da “Io e Woody” (spettacolo che propone dal 1993) alla “Banda degli onesti”.

A lei piace interpretare personaggi molto forti Totò, Peppino ma, in particolare Eduardo e Woody Allen di cui sostiene che non sono poi così distanti come si crede, cosa li accomuna secondo lei ?

Sono due mondi lontani anche se c’è qualcosa in comune tra Napoli e Woody Allen che, più che Americano, lo definirei ebreo newyorkese. L’ebreo newyorkese è come un napoletano che sa ridere ed ironizzare sui propri difetti.

Di Eduardo cosa dire, è il più grande drammaturgo del ‘900 e le sue sono commedie bellissime che amo ed ho amato fare.

Con Woody Allen invece, è stato un incontro molto particolare avvenuto negli anni ’90. Ho provato ad interpretare il suo ruolo ed è uscito fuori che sapevo farlo bene per cui mi è rimasta l’etichetta di Woody Allen italiano. Per quanto mi riguarda vorrei che in me fossero riconosciute le seguenti parti: 1/7 di Eduardo, 1/7 di Peppino, 1/7 di Rascel, 1/7 di Totò e 2/7 di Allen.

 

Si dice spesso che il teatro è in crisi…

Io vorrei fare una scuola per spettatori perché spesso gli spettatori oggi non sanno apprezzare in quanto non hanno nessuna indicazione. Quando si deve apprezzare un quadro, un’opera d’arte, si dovrebbe avere sempre un minimo di indicazione per poter apprezzare anche la tecnica. E così si potrebbe dare un’ impressione, un giudizio.

Lo spettatore invece, è purtroppo sviato dalla facile e brutta televisione e cerca la distrazione in teatro per non pensare ai problemi di tutti i giorni. Quindi, ha difficoltà ad entrare in una storia dove magari c’è un po’ di sofferenza, dove c’è un po’ di vita. Lo spettatore non vuole pensare a niente, vuole soltanto ridere, vuole sentire solo le battute e questo è grave perché si arriverà alla morte del teatro.

Il teatro serve a far provare emozioni, e sottolineo questa parola più volte perché secondo me è fondamentale.

Sono un ex insegnante. Sono stato insieme ai giovani per 20 anni. Sono stato giovane insieme ai giovani infatti, ho iniziato ad insegnare a 21 anni a ragazzi di 18. La scuola e la cultura sono per me, alla base dell’interesse per il teatro.

Gli insegnanti tentano di avvicinare gli alunni al teatro ma spesso sbagliano gli spettacoli a cui assistere.

Quando facciamo i nostri spettacoli mattutini mi fermo spesso a parlare con i giovani e cerco di far capire loro che il teatro è uno dei pochi spettacoli dal vivo che sia rimasto, che non si può usare il telecomando e che la riuscita dipende anche dagli spettatori.

Quando su 300 ragazzi capisco di aver trasmesso il concetto ad uno di loro ed al massimo a qualche insegnante, penso sempre che una piccola speranza di formare un pubblico migliore ci sia ancora.

Lei è direttore artistico di un teatro, è attore e regista. Ma qual è il ruolo che le da più soddisfazione ?

Il regista e l’attore, entrambi. A me piace dirigere i miei spettacoli perché nascono da mie idee. Ho il desiderio di dividere con gli spettatori un’emozione che io ritengo importante. Il direttore artistico lo faccio solo perché ho scelto di dirigere un teatro.

C’è una frase che in televisione si vede spesso durante le ultime settimane: il teatro allunga la vita. Che ne pensa?

Noto con piacere che per la prima volta il governo si occupa di pubblicizzare il teatro però il realtà il messaggio non è molto chiaro. Sono tutte immagini di attori over 80 e la voce è di Arnaldo Foà che porta benissimo i suoi 91 anni. E l’idea che questo allunga la vita, va per gli attori e non per gli spettatori. E uno slogan che non invita ad andare a teatro poiché da l’immagine di un teatro di grandi artisti per carità ma che mi puzza di naftalina. Avrei fatto qualcosa di più moderno.

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