In questi ultimi giorni a Roma si è discusso del “verde”. Vi ricordate i cambiamenti climatici, la desertificazione? Forse siamo tutti troppo presi e spaventati dalla crisi economica, dai posti di lavoro che si ripiegano in una dolorosa cassa integrazione; neanche i più sensibili, i più attenti, si riescono più a concentrare sulle tematiche ambientali. Ma è necessario, anche adesso, che qualcuno ci ricordi che i nodi prima o poi vengono al pettine. Ci sono utili, per questo, le parole di un convegno per la difesa del verde di Roma e le foto del National Geographic di una terra forte e vigorosa che, ancora bella, chiede una carezza in più.
Il 27 gennaio 2009 la Casa del Cinema nella Villa Borghese di Roma ha ospitato un convegno lungo una giornata: Il respiro di Roma – salviamo i nostri alberi. La capitale si è chiesta come si deve guardare il verde, come lo si deve custodire. Un convegno organizzato dall’associazione La vita degli altri, che non ha visto tra i suoi ospiti, nessun rappresentante istituzionale. È vero che le garanzie sono poche, anche se a promettere e discutere sono alti esponenti del governo o della provincia, ma quanto meno la loro presenza rappresenta un’attenzione dovuta a certi temi. L’utilità del convegno è stata invece quella di presentare le posizioni dei personaggi più attivi e più combattivi della capitale che per salvaguardare il verde erano lì, a ricordare le loro battaglie.
I banchetti improvvisati ovunque per distribuire i volantini informativi o per chiedere una firma, le colorate proteste per attirare l’attenzione del pubblico e dei media, che riportano quei colori come delle esaltate forme di estremismo. Ascoltare direttamente il perché di queste battaglie ci fa capire come spesso si tende a presentare la catastrofe e non a spiegarne nel particolare le battaglie e le lotte che, chi viene definito attivista, conduce contro tutto, spesso anche contro se stesso. L’intervento più forte e coraggioso è stato quello di Ilaria Ferri, direttore scientifico degli animalisti italiani, la Ferri ha definito in poche parole il bioparco romano: uno zoo al centro di Roma. Nella parola zoo abbiamo il ricordo della gabbie e della costrizione, questo spaventa, ci si allontana dal termine legato ad immagini di clausura e si usa un moderno sinonimo. Ma gli animali? Le condizioni di questi sono cambiate? La Ferri, con un intervento preciso, ci descrive un percorso condotto all’interno dello zoo-bioparco, ci ha lavorato, mentre protestava contro lo stesso, ha visto e sa della sofferenza degli animali e ha illustrato le morti. Ricordiamo solo un dato, tra quelli spaventosi che si sono stati riportati, nel 2008 seicento animali, che vivevano nel bioparco e che dovevano essere custoditi e vegliati, sono morti. A meno che non ci sia stata un’epidemia, non si riesce a trovare se non nell’incuria la spiegazione.
Se gli animali esotici continuano a sembrarci lontani dalla nostra quotidianità, pensiamo agli alberi romani. Le loro radici distruggono i marciapiedi e rendono impossibile una semplice passeggiata sul Lungo Tevere, ma questi alberi vanno protetti e curati, non solo abbandonati a se stessi nell’incuria generale. Carlo Ripa di Meana denuncia anche chi pratica la potatura, e Don Aleardo Di Giacomo, il parroco di Santa Maria Immacolata a Villa Borghese spiega che le foreste in Italia sono aumentate ma sono lontane dalle città italiane, questo ha forse un senso, ma dimostra che non riusciamo a conservare e preservare quel poco che abbiamo. Le battaglie per la difesa di ciò che è nostro, sono impegnative e faticose, lo sanno bene: Massimiliano Di Gioia e Matilde Spadaro, sono anni che cercano di difendere il Fosso della Cecchignola e il Colle della Strega, sud di Roma, dalle brutture di un piano regolatore. Stringendosi ad un pezzo di verde che alcuni vorrebbero coprire del cemento di una strada di collegamento tra via Kobler e via Luca Gaurico. Strada che non vogliono neanche gli abitanti della zona e che darebbe fastidio, non solo alla vegetazione, ma anche alle abitazioni dei residenti. Dopo miriadi di proteste si era deciso di inserire l’area nel parco dell’Appia Antica con una legge già approvata dalla giunta. Ma le cose non sono chiare e tutto sembra essere soggetto a revisione. Una risposta netta non c’è, una sicurezza per gli abitanti neanche. Per questo i due continuano imperterriti a ricordare il “loro” parco e pretendere delle certezze: vogliono quella macchia verde sicura e protetta.
Ascoltandoli ci ricordiamo che è difficile essere indifferenti, e si capisce, finalmente, l’ardore e l’entusiasmo di chi certe immagini le ha nel cuore. Parole e immagini, strumenti forti e capaci di ricordare e spiegare, come le foto meravigliose in mostra allo spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Madre Terra è una mostra del National Geographic Italia che, fino al 29 marzo 2009, non polemizza su soluzioni, piuttosto si preoccupa di far guardare a chi lo ha dimenticato che ciò che è bello va protetto e curato. Guglielmo Pepe, direttore di Nationale Geographic Italia e curatore della mostra, spiega che una mostra non può dare soluzioni né dettare le linee di un programma “ma può indicare – grazie alla forza delle immagini – i luoghi in cui sono più evidenti le gravi conseguenze del cambiamento climatico” .
Rimaniamo basiti di fronte all’Uluru australiano e inteneriti da un cucciolo di foca, pur non potendo materialmente proteggere quel cucciolo dalle mattanze, possiamo ancora ricordarci del nostro particolare, di quei piccoli movimenti che compiamo e magari provare a proteggere un nostro spazio.
Tutto diventa proporzionato e ragionevole se viene riportato ad un animale, un albero e non all’immenso splendore del pianeta. Queste foto sono più documentaristiche di uno bioparco e i ragazzi delle scuole romane, che visiteranno la mostra, avranno modo di sapere che la natura si può guardare e anche difendere, non rinchiudere e costringere; avranno nel loro immaginario la capacità di sentirsi responsabili di qualcosa che li riguarda; il loro ecosistema si allargherà all’inverosimile, partendo da un piccolo punto: l’albero vicino casa o l’animale che vedono costretto in uno spazio limitato e innaturale.