Al palazzo delle esposizioni di Roma si sta tenendo una retrospettiva, credo che si chiami così anche per il cinema, su Cronenberg. Il posto non è il massimo per fare una retrospettiva di film di genere. Al bar è impossibile, pago cento a uno chi ci riesce, spendere meno di dieci euro e le hostess sono tutti tirate a lucido e hanno dei modi di fare molto seri e fighetti. Però la sala cinematografica costa quattro euro e io e Villa siamo arrivati alla salda conclusione che è la più comoda di Roma. Sarà per il film forse, sapete non è che ci sia molta gente a vedere Cronenberg nel mezzo della settimana. La cosa migliore che si può fare è presentarsi ubriachi di giovedì sera, sotto il nubifragio che ha colpito la capitale e tentare, supplicare, anche se sei in ritardo, di avere un paio di biglietti. Non li hanno sganciati ovviamente, ecco perché le hostess sono fighette e serie. Se arrivi tardi e fuori piove merda sei costretto a imbrattarti.
Sono rimasto dentro aspettando che la finisse di piovere, ma mi hanno chiesto gentilmente, perché tutte le cose a questo mondo avvengono in modo gentile, mi hanno chiesto di accomodarmi sotto l’acqua che veniva giù come se fosse la fine di tutto.
Ho provato a consolarmi con una sigaretta, ma appena l’ho messa sulle labbra si è inzuppata e sgretolata sotto il peso delle gocce. Così ho camminato su via Nazionale sperando che passasse un autobus, ma non è passato nessun autobus e i locali erano tutti chiusi e io e Villa avevamo speso tanti soldi durante la manifestazione del pomeriggio che non potevo permettermi nessun ristorante cinese.
In pochi secondi gli avvallamenti delle strade sono diventate piscine o piccoli laghetti alimentati da ruscelli che venivano giù dalle vie laterali. Ho visto una macchina sbandare e imboccare uno di questi laghetti, dopo pochi metri l’acqua l’ha fatta girare su se stessa un paio di volte e le due signore all’interno si sono trovate a motore spento a navigare con raffiche di vento sui quaranta nodi.
Davano Crash di Cronenberg, voi l’avete visto? Io no e mi sarebbe piaciuto. Però mi hanno detto che parla di incidenti stradali e di rapporti erotici con le macchine. Be’ quelle due signore sembravano leccare e strusciarsi sui finestrini appannati. Mandavano urla di aiuto, ma forse ci hanno anche goduto a provare un esperienza come quella… dite di no?
Alla fine nessuno si è fatto male. Ho trovato altre macchine galleggianti sul Lungo Tevere quando ormai ero così bagnato che le mani si erano screpolate e i vestiti attaccati come ventose. Due tizi si erano arrampicati su una Lancia lussuosa e aspettavano i soccorsi. L’acqua arrivava ai finestrini della macchina. Dal marciapiede ho urlato questo:
“Vi serve una mano”.
“Abbiamo chiamato i vigili del fuoco”.
“Vi hanno detto se andando avanti sarà peggio”.
“Ci hanno detto di non muoverci che è meglio”.
“Io devo tornare a casa ho mio figlio che è rimasto solo”.
“Be’ in bocca al lupo amico”.
Abbiamo potuto parlare perché eravamo tutti e due in un sotto passaggio, una di quelle gallerie che si allagano sempre quando piove tanto. Erano le undici e mezza e io avevo detto che sarei tornato alle undici, ero preoccupato. Un bambino di cinque anni a casa solo.
Ho tentato di fermare un taxi, ma non si è fermato. L’acqua cadeva più dura di prima e ora sentivo la mia testa martellare. Ho guadato uno dei laghetti e poi una grande pozza. Un’altra macchina è slittata davanti a me ed è finita sopra al marciapiede e una forte corrente, il marciapiede era coperto da mezzo metro d’acqua, l’ha portata più avanti agitandola in modo innaturale.
Il morale mi è finito sotto i piedi, per quale cazzo di motivo tutta quell’acqua quella sera. Sono passato davanti al Macdonald dove lavoro e mi sono infilato dentro per ripararmi. Solo che il posto era pieno, sapete tante persone che come me volevano ripararsi, allora il capo mi ha fatto mettere il grembiule. Così ho iniziato a servire pagnottelle, bagnato dalla testa ai piedi con mio figlio di cinque anni che mi aspettava a casa solo e il mio capo che era felice perchè le vendite andavano alle stelle.
Ho staccato alle dodici. Un’ora di ritardo. Sua madre non c’è più quindi provvedo io a tutto e delle volte la baby-sitter che mi aveva assicurato che se ne sarebbe andata alle undici. Questo perché c’è un tizio nel suo palazzo che la importuna sempre e se torna dopo mezzanotte lui lo fa in modo pesante. La storia di cenerentola un bel po’ rivisitata. Inoltre le devo ancora pagare il mese di settembre, quindi non siamo in ottimi rapporti. Ho avuto delle spese extra che ci volte fare.
Quando sono uscito la strada era peggio di prima, ma la pioggia era diventata più soft. Un ristorante era allagato e un autobus si era fermato in mezzo alla strada con il carico di passeggeri. Più che un autobus sembrava un’isola. La gente dentro aveva l’aria stanca e annoiata. La porta centrale era aperta e qualche poveraccio tentava di raggiungere il marciapiede con l’acqua fino alla vita.
Ho girato a sinistra, poi a destra e sono andato avanti così per buoni dieci minuti guadando piccoli fiumiciattoli. A piazza Vittorio ho trovato una via piena di roba da mangiare. Taniche di sakè da un litro, barattoli con frutta sciroppata e carne, gamberetti surgelati e bottiglie di soia. Alcuni alimentare cinesi avevano avuto un’onda-ladra che gli aveva portato via la merce.
Ho trovato un autobus. L’ho preso e mi sono addormentato sul sedile. Quando mi sono svegliato anche quell’autobus, il mio, era dentro uno di quei laghetti.
“Ora arrivano i soccorsi”, stava dicendo il conducente.
Ma ero vicino a casa mia. Così ho guadato anche quel lago, con l’acqua profonda un metro. Aveva ripreso a piovere forte, ma ancora più forte era la voglie di sapere che fine avesse fatto mio figlio. Ho preso l’ascensore e quando sono arrivato a casa c’era la babysitter, aveva il viso stanco e mi ha chiesto se poteva rimanere a dormire visto che la sua macchina era sepolta dall’acqua.
Mio figlio era sul tappeto con i giochi e ancora sveglio, più di me e la babysitter, guardava un cartone. Non ricordo il titolo, ma parlava di una papera che attraversava mille peripezie per tornare a casa e quando ci tornava scopriva che la sua casa non era più lì. Mio figlio mi ha guardato e mi ha detto che portava il grembiule del lavoro. Mi sono guardato e avevo stretto in vita il grembiule del Macdonald gocciolante. Per farlo ridere gli ho detto che era un abitudine dei grandi per quando piove e lui senza ridere mi ha risposto:
“L’ho appena visto nel cartone”.
Poi mi ha guardato e ha detto:”Hai pagato?”.
Mio figlio su una diecina di cose è più sveglio di me e non lo dico con retorica lo è davvero, forse perché a più tempo per pensare. Ovviamente si riferiva all’affitto e io non l’avevo pagato. Mi ha riguardato, ha guardato fuori e poi mi ha seccato così:
“Papà e se dovesse piovere dentro casa?”