foto di Giovanni Barba
Savio frequenta la quarta elementare, ha nove anni e vive a Forcella, un quartiere di Napoli centro. Sotto casa sua, le strade sono sempre trafficate: turisti, bambini, donne con la spesa, venditori ambulanti, spacciatori, poliziotti, preti; ogni tipo di persona, a qualsiasi ora. E nei bassi, un po’ più dietro il suo palazzo, puoi comprare ogni cosa, dalla cocaina, al latte. Ci sono famiglie intere che si occupano del commercio e si dividono le piazze. Il suo palazzo si trova proprio dietro quello di Annalisa Durante, la tredicenne uccisa per sbaglio dalla camorra, in un regolamento di conti tra boss. Dalla finestra, si vede la strada in cui arrivarono i colpi di piombo, i primi che lui ha sentito. Da un po’, la sera si sentono solo i botti dei fuochi artificiali e, a volte, i petardi li sparano anche di giorno. Il rumore parte dal porto e fa la spola nei punti chiave, ad avvisare che la roba è arrivata, la stanno scaricando e si può andare a prenderla. Un po’ più dietro il bivio, si smercia refurtiva e si riciclano motorini e auto, lasciando in giro mezzi sventrati. E dietro La Maddalena o la Duchesca, i ricettatori vendono i proventi degli scippi e delle rapine. Alcuni uomini, quelli più onesti, portano avanti la famiglia con il gioco delle tre carte, o delle campanelle. Una specie di truffa fatta ai turisti con l’aiuto di un complice. Perfino sul pavimento della macelleria c’è una botola. Si apre ed escono altre stanze e frigoriferi grandi quanto tutto il palazzo. I panni sono stesi ovunque e i vicoli perpendicolari alle strade principali sono stretti, lunghi e spesso bui. Le canzoni neomelodiche, le grida e l’odore di frittura hanno un’identità così forte che non serve aprire gli occhi per capire che si è lì, in quel quartiere. La sorella di Savio si chiama Connie, come la figlia di Don Vito Corleone, del film Il Padrino. Il padre fa il sarto e la madre quello che può, cercando di correre dietro i figli e non perderli in strada. Savio, Connie, Maria, Giorgio, vivono per strada. A Napoli, come a Bari, o Palermo, o in chissà in quale altra città. I bambini crescono nello squallore della realtà e spesso ne restano sopraffatti. Savio racconta un po’ della sua famiglia, lui è abbastanza fortunato. Dice che il padre gli ricorda sempre che a Forcella ci sono i buoni e ci sono i cattivi, poi per un attimo non parla più, e chiede solo: “Ma noi siamo i buoni o siamo i cattivi?”.