The Tudors: come ti riscrivo la storia

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Alphonse Daudet sosteneva che il romanzo è la storia degli uomini mentre la storia il romanzo dei re. Ci sono tanti modi per raccontare la Storia. E, soprattutto, per trasformarla in fiction.

Alphonse Daudet sosteneva che il romanzo è la storia degli uomini mentre la storia il romanzo dei re. Ci sono tanti modi per raccontare la Storia. E, soprattutto, per trasformarla in fiction.

L’occasione per parlare di fiction e racconto storico deriva dalla messa in onda, quest’estate, di The Tudors su Canale 5.

Purtroppo la serie non ha avuto lo stesso successo ottenuto negli Stati Uniti, dove è in lavorazione la terza stagione prodotta dal canale Showtime. La fiction, creata da Michael Hirst, racconta la storia privata, gli amori, i vizi, i complotti e gli scandali dei primi anni di regno di Enrico VIII.

Il re d’Inghilterra Enrico VIII (Jonathan Rhys Meyers) è da tempo in crisi con la sua regina, Caterina d’Aragona (Maria Doyle Kennedy), che malgrado ogni suo sforzo si ritrova incapace di donare al sovrano un degno erede maschio.

Tra complotti, inganni e amori passionali Enrico s’imbatterà nei gelidi occhi di Anna Bolena (Natalie Dormer), figlia del diplomatico Tommaso Bolena (Nick Dunning), che riuscirà a condurlo alla scoperta del suo reale potere assoluto.

In che modo, però, le creazioni letterarie o artistiche, musicali o cinematografiche attingono alla Storia e la narrano?

Nel momento in cui il presente è carico di inquietudini e perplessità, l’atteggiamento migliore è quello di rivolgersi al passato e alle sue contraddizioni. Il più delle volte le fiction storiche vengono accusate di ridurre la storia a romanzo popolare, di distorcere la realtà rivestendola di sentimentalismi ed intrighi, di ridurre la storia al costume.

Dal punto di vista del pubblico televisivo le fiction sono storiche quando rendono possibile il confronto tra gli uomini e la Storia; quando, pur rimanendo distanti dall’essere documentario obbiettivo, sono in grado di focalizzare l’attenzione su un particolare periodo storico; quando attraverso i dialoghi e i costumi riescono a restituire il clima di un’epoca.

Come avverte Hayden White non bisogna confondere i fatti con gli eventi, e se questi ultimi accadono i primi sono costituti da una descrizione linguistica; studiarne gli elementi retorici e gli intrecci può essere di fondamentale importanza per la conoscenza del passato e del modo in cui viene narrato.

Nonostante la presenza di imprecisioni e di molte licenze adottate dagli sceneggiatori, è interessante sottolineare come al di là delle trasformazioni lessicali, sintattiche e stilistiche, questa narrazione diviene un immenso raccoglitore d’oggetti, paesaggi, anime, che non possono essere destorificati o svuotati dei contenuti «accidentali» di un’epoca; tali elementi, al contrario, non separano dal racconto storico, ma rappresentano il risultato di uno sforzo d’offrire della realtà l’immagine più essenziale e veritiera, l’anelito nascosto e privato di un’epoca.

Non si deve dimenticare, poi, che qualunque testo narrativo può contribuire al ritratto di un’epoca. Pertanto, come ci ricorda Ginsburg, appare utile eliminare quella sterile competizione tra narrazioni storiche e narrazioni di finzioni, per cui il narrativo è essenzialmente il narrabile, e la Storia si può manifestare nel suo pieno compimento anche nella fiction.

Al contrario, quando si scrive di Storia si deve evitare di cadere nel presente, di presentificare il passato pur di garantire totale immedesimazione da parte del pubblico.

Se è vero che narrare il passato è anche un po’ tradirlo, il consumo televisivo della storia non sempre viene accompagnato, tanto sul versante dello spettatore quanto – purtroppo – su quello del regista, da un adeguato filtro critico e filologico.

In tal senso The Tudors non vuole essere un documentario storiografico né un indagine sociologica su di un’epoca, ma si pone come racconto avvincente che va al di là della nostra immaginazione offrendo punti di vista originali ed impensati.

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