In che modo è possibile punire un serial killer? Cosa si prova quando ci pervade un senso di impotenza di fronte alle ingiustizie?
Si può accettare qualcosa che, nei confronti dell’ordine naturale delle cose, è da temere? Da punire?
Diviene possibile quando si decide di raccontare una storia da un altro punto di vista. Come fa Dexter, telefilm americano, tratto dal libro di Jeff Lidsay, La mano sinistra di Dio.
Straordinario Giano Bifronte, il protagonista lavora come ematologo della Polizia di Miami. La sua specialità è il sangue. Nessuno è in grado di ricostruire la scena del crimine attraverso le macchie e gli schizzi di sangue come lui. Ma, al tempo stesso, è un serial killer.
Non un semplice genio del male; non un folle sanguinario; ma è il male che combatte altro male in modo nuovo e diverso.
L’originalità narrativa della serie si trova proprio nell’atipicità del suo eroe. Faccia pulita, ma intensamente disumano; voce narrante cristallina, fredda e demoniaca al tempo stesso. Proprio la sua voce sottolinea tutti i momenti in cui il suo istinto si sente a disagio, in cui le parole del padre adottivo intervengono a ricordargli il codice. Henry, il padre, che gli impartisce un codice ferreo, degno di un ordine cavalleresco, per differenziarsi dai criminali e per fare quello che tutti, pur essendo civili e pagando le tasse, vorrebbero fare.
Ed ecco noi. Senza rendercene conto ci troviamo a fare il tifo per un omicida compulsivo e ostinato che, però, uccide solo serial killer, secondo un intransigente codice etico. Non ucciderebbe mai un innocente, ma non ha nessuna pietà per pedofili e maniaci di ogni genere.
Lo stile narrativo della serie offre davvero uno sguardo originale sul noir, genere sempre più sfruttato dalla fiction televisiva. Nei numerosi police e detective drama, che affollano i palinsesti televisivi, lo sguardo è sempre dalla parte della giustizia, del bene e il desiderio di risolvere omicidi seriali porta lo spettatore a identificarsi con il protagonista, integerrimo rappresentante della legge dei codici e dei tribunali.
Dexter, al contrario, è l’incarnazione della legge primitiva. Doppia e sterile. Come i luoghi della serie, puliti e freddi; come la regia che ha la mano immobile e imperturbabile dell’assassino, come i dialoghi serrati e taglienti.
Il disumano e l’ambiguità, cuore pulsante della sceneggiatura, vengono meno quando la nostra morale, dopo un estenuante guerra interiore, si ritrova a fare il tifo per il protagonista.
Questi, raccogliendo in sé bene e male, risponde, in definitiva, a quel bisogno costante di indossare una doppia maschera in modo tragico e paradossale convinto che della assoluta falsità del genere umano.