Non è ben chiaro se le diecimila donne che hanno fatto da cavie per lo “studio antropometrico” abbiano solo risposto ad alcune domande, oppure si siano dovute sottoporre all’umiliazione del metro. Fatto sta che da questa illuminante ricerca del ministero della salute spagnolo è uscito fuori che il 41% di tale rappresentanza del gentil sesso ha serie difficoltà a trovare la propria taglia nei negozi, nonostante l’81% corrisponda al ritratto della salute. Il loro unico problema è non riuscire ad entrare in una 42, figuriamoci una 38. Ecco, ci risiamo. E’ ricominciata la guerra alla taglia 38, quella che viene associata all’anoressia. Zapatero e la taglia 38, sembra una fissazione. Già un paio di anni fa il suo governo aveva lanciato la proposta di legge per eliminarla dalle vetrine dei negozi, facendo intendere che si trattava del primo passo per una seria lotta alle malattie alimentari. Non si sa se questo provvedimento avrebbe portato alla soluzione del gravissimo problema, ma di certo avrebbe dirottato alla Chicco tutte le ragazze che la natura ha consegnato – anche loro malgrado – alla taglia 38. Ammirevole il tentativo di portare all’attenzione di tutti la questione. Ma forse il problema meriterebbe di essere affrontato in maniera più seria. E’ così facile dare la colpa sempre agli stilisti che scelgono per le passerelle le ragazze più magre, offrendo il modello peggiore per le giovani donne la cui più grande ambizione sarebbe quindi quella di diventare un manichino. Ma la realtà è che i vari Dolce&Gabbana, Prada, Balestra, non sono tenuti a considerare la pericolosità sociale dei messaggi che mandano ad ogni sfilata: loro scelgono semplicemente delle stampelle ambulanti che non distolgano troppo l’attenzione dalle proprie opere. Il problema, semmai, è tutto interno al mondo della moda, a quel circolo vizioso che costringe le ragazze che già ne fanno parte ad andare avanti a insalate scondite per non perdere il posto. Per quanto riguarda tutte le altre, certo che bisognerebbe fare qualcosa per sconfiggere malattie come l’anoressia o la bulimia. Ma siamo sicuri che il cuore della questione non sia piuttosto nel fatto che le ragazze non hanno altri modelli a cui fare riferimento? L’essere magre, l’essere considerate belle, non è desiderabile come obiettivo fine a se stesso. Se una ragazza rispetta quei canoni, sarà ammirata dalla società, magari invidiata, avrà soldi, stima e, perché no, fama. E non sono questi gli stessi risultati che si ottengono con tante altre professioni, che non sono però circondate dalla stessa aurea d’oro in cui è immerso il cosiddetto “mondo dello spettacolo”? Forse non è vero che i giovani non hanno obiettivi nella vita, forse non è vero che le ragazze non avrebbero altra aspirazione che diventare la velina di turno, e quindi entrare nella famosa 38. Magari bisognerebbe trovare il modo di scovare e coltivare le capacità in cui ognuno di loro spicca di più – sarebbe magnifico se scuola e famiglia dessero una mano in questa direzione – e qualcun altro dovrebbe prendersi l’onere di creare altri modelli positivi a cui ispirarsi, altrettanto forti di quelli negativi a cui è lasciato tutto il campo libero. Altro che eliminare le taglie più piccole. Ma questa ovviamente è la scorciatoia, fa clamore e costa poca fatica. Enunciarla, almeno. Ah, e non è finita qui la piccola rivoluzione che il governo spagnolo – sempre partendo dallo studio di cui sopra – vuole mettere in atto. L’intenzione è quella di cancellare del tutto le taglie, mettendo al loro posto un altro tipo di codificazione basata sulle dimensioni seno-vita-fianchi. E’ prevista la morfologia “cilindro” per le donne che hanno lo stesso perimetro di petto, vita e fianchi. Poi c’è il “diabolo” (??) per le 2 o 3 sosia della Bellucci, ed infine “campana” o, per capirsi meglio, a pera. Chissà quante donne ringrazieranno il ministero della salute spagnolo per aver tolto loro l’imbarazzo di entrare in un negozio e sussurrare all’orecchio di una commessa una 48. Ora potranno sussurrare al suo orecchio: “mi dia un cilindro”.