Che io sappia, i leoni non sparano (nemmeno agli agnelli)

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Mio figlio la prossima settimana deve consegnare un tema a scuola. Argomento: gli animali. Così, anziché fargli leggere tomi polverosi o vecchie enciclopedie, lo porto al cinema a vedere Leoni per agnelli.

Mio figlio la prossima settimana deve consegnare un tema a scuola. Argomento: gli animali. Così, anziché fargli leggere tomi polverosi o vecchie enciclopedie, lo porto al cinema a vedere Leoni per agnelli. Entriamo in sala e lui, bambino perspicace, si accorge subito che lo spettatore più piccolo ha una quarantina d’anni. “Papà, non ci sono altri bambini!” mi fa. “E che vuoi, mica tutti hanno genitori come me, che rendono divertente l’insegnamento delle materie portandoli al cinema”. Ci sediamo in terza fila, tra una coppia di sessantenni e un ottuagenario che quando fissa lo schermo immobile sembra morto. Comincia il film. Mio figlio è eccitato. Passano cinque minuti. C’è Tom Cruise, c’è Meryl Streep, ma di animali nemmeno l’ombra. “Papà, papà, ma dove sono i leoni?” “Ti ho detto mille volte che non devi avere fretta. Arriveranno, arriveranno.” Passano altri dieci minuti. C’è sempre Tom Cruise, c’è sempre Meryl Streep, e c’è pure Robert Redford. “Ecco, ora ci siamo,” esclamo sottovoce. Stavo quasi dubitando che il film non parlasse di animali, ma quando è entrato in scena Robert Redford, i miei timori si sono dissipati. Lui li ha visti da vicino i leoni. Lui ha fatto La mia Africa. C’è da scommetterci che adesso partirà per un nuovo safari, e ne vedremo delle belle. Passano altri cinque minuti, e spuntano due giovani studenti che si vogliono arruolare per andare a combattere in Afghanistan. “Papà, papà, dove sono gli agnelli?” “Sta buono, vedrai che fra poco li vedremo.” Ma certo, in varie zone dell’Afghanistan la pastorizia è ancora l’attività principale. Chissà quanti agnelli troveranno i marines. E poi capre, pecore, cani, magari anche mucche. Anzi, forse le mucche no: è più facile trovarle in Svizzera, ma gli svizzeri mi sa che non partono per la guerra, quelli sono sempre neutrali. Passano altri dieci minuti. Tom Cruise parla con Meryl Streep. Robert Redford, anziché preparare la valigia e partire per l’Africa, se ne sta seduto sulla sua poltrona a parlare con un pischello di studente. I militari, in Afghanistan, non fanno in tempo a raggiungere il campo con gli agnelli perché il loro elicottero viene abbattuto. “Papà, papà, ma quanto tempo devo ancora aspettare? Io voglio vedere i leoni, uffa!” “Sta tranquillo, vedrai che presto si faranno vivi.” Sto per perdere le speranze, in effetti, quando mi viene in mente un particolare che, incredibilmente, mi era sfuggito. Porca miseriaccia, ma Meryl Streep c’era pure in La mia Africa! Dunque ecco perché Robert Redford non alza il culo dalla sedia e va a cacciare cinghiali nella savana: lui sta aspettando la sua Meryl. Solo che Meryl è bloccata da un’ora nell’ufficio di quel gran rompiballe di Tom Cruise che non fa altro che parlare di strategia militare, guerra al terrore, vittoria della patria e bla bla bla… quando lei è evidente che non vede l’ora di andarsene per raggiungere il suo Robert e fuggire insieme verso gli spazi sterminati del continente nero. Nel frattempo i due militari rimasti a terra feriti in territorio afghano sentono dei rumori in lontananza. Qualcuno, o qualcosa, si sta avvicinando a loro. “Ci siamo!” urla estasiato mio figlio. “I leoni!” Poi cominciano a sparare. E siccome, che io sappia, i leoni non sparano, mi devo rassegnare al fatto che ci troviamo di fronte a semplici talebani. Non nego che comincio a innervosirmi. Giro il collo in senso orario, sbuffo, mi allento il nodo della cravatta. Per un attimo chiudo gli occhi. E vedo Robert Redford alzarsi dalla sedia del suo ufficio. Piomba nello studio di Tom Cruise. Gli dà un cazzotto sul muso. Rapisce Meryl Streep e, mentre la musica enfatica sottolinea il momento e la macchina da presa indugia sul suo primo piano, pronuncia la frase: “E ora ti porto in Africa, tesoro!”. Qualcuno mi ha toccato la spalla. Apro gli occhi e mi giro. “Silenzio, per cortesia!” mi fa un’anziana signora che ha in faccia più crateri della luna. Non mi ero accorto di aver pronunciato la fatidica frase a voce alta, al posto di Robert. Torno a guardare lo schermo. Lui è ancora lì, che parla. E Meryl? Dov’è Meryl? Caspita, ha lasciato l’ufficio di Tom Cruise, finalmente. E’ in macchina. Starà forse andando da Robert? Ma sì, ma sì, non può che essere così. E invece… va dal suo capoufficio. E iniziano a parlare. Ancora parole! Bla bla bla… “Papà, papà, ho sonno!” Nemmeno rispondo al poveretto. Robert Redford sta ancora parlando. Ed è in quel momento che me ne accorgo. Come ho fatto a non accorgermene prima? Robert Redford sta parlando con una voce che non è sua! Voglio dire, io ho visto “La mia Africa” centinaia di volte, e lui aveva quella voce così calda, così avvolgente. Adesso è lì, sta parlando… ma quella non è la sua voce! Quindi quell’attore non può essere Robert Redford. E’ un sosia, mannaggia a loro. Do un pugno al bracciale della poltrona, collerico. Potevate dirmelo prima che quello non era Robert Redford. Il film finisce. Mentre i titoli di coda scorrono impietosi, mio figlio mi guarda con aria di rimprovero. “Papà, mi hai detto una bugia. Non c’erano animali!” “Ma no, figliuolo, che dici… c’erano eccome. Gli esseri umani non sono forse animali?” Me la sono cavata così, con questa giustificazione ridicola.

P.S.: A proposito. All’ultimo momento la maestra di mio figlio ha deciso di cambiare l’argomento del tema. Il nuovo tema dovrà parlare della guerra in Afghanistan.

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