Il cioccolato non ha certo bisogno di riscoperte letterarie. Il “cibo degli dei”, sangue del dio Sole secondo i Maya, è sempre stato e continua ad essere al centro di importanti suggestioni artistiche, che ne hanno esaltato pregi e proprietà. Il concorso “Un dolce pensiero”, promosso dalla Gay Odin, storica cioccolateria napoletana, premia prose e poesie che celebrano il cioccolato, a riprova di quanto questo sia entrato, nell’immaginario collettivo, come strumento di caratterizzazione culturale e di piacere non solo gustativo. Stesso discorso per il concorso “Cioccolato… passione”, indetto dalla Novi, e per altre svariate iniziative. La bevanda “divina” è stata valorizzata e venerata anche a livello cinematografico: basti pensare al mitico Willy Wonka, al paesino della Borgogna sedotto e dannato da Juliette Binoche in Chocolat, o, per restare in Italia, a Nanni Moretti sommerso dalla Nutella in Bianca. Rispetto a questa ricchissima tradizione, ci si può chiedere cosa aggiunga e che senso abbia scrivere e dirigere oggi un film sul cacao. Ebbene, Claudio Cupellini si è posto tali domande, e la risposta si chiama Lezioni di cioccolato. La pellicola è incentrata sul cibo degli dei, ma non lo considera più semplice cura di delusioni amorose, né tantomeno mezzo di perversione. Il cacao è innanzitutto l’occasione per un incontro tra il cinico geometra Mattia (Luca Argentero) e la talentuosa Cecilia (violante Placido), presso la scuola specialistica della Perugina; è anche, tuttavia, un mezzo di consapevolezza di sé, quasi di redenzione personale. Nella sfida agli altri gourmet, diretta dal Maestro Neri Marcorè, Mattia scopre parti di se stesso sconosciute, e appannate da una vita senza scrupoli. Il suo operaio Kamal (Hassani Shapi), come gli altri suoi interlocutori, cambia forma e rapporti con il geometra nel corso della storia, che assume contorni inaspettati e fraterni anche grazie all’amore per il cioccolato.
Claudio Cupellini, un film sul cioccolato è una strada già più volte sperimentata, e lei l’ha percorsa con attori e budget importanti. Non male per un esordio con i lungometraggi…
In effetti, non ci possiamo lamentare dell’esito di questa “opera prima”, dopo una carriera sviluppata più che altro sui “corti” . Per quanto riguarda il cast, è stato veramente stimolante e gratificante, anche perché abbiamo coperto ogni ruolo con gli attori che desideravamo. Anche il budget, per quanto non fosse uno dei migliori che ci si può aspettare in Italia, a quanto pare è stato sufficiente.
Il protagonista Mattia è un geometra cinico e insensibile, che incontra alla scuola di cioccolato altre persone fredde, tutte egoiste e concentrate sulla vittoria finale. Tutte tranne Cecilia, e dall’incontro con lei il mondo inizia a girare in modo diverso. È l’amore o il cioccolato?
Sicuramente non è in questo caso il cioccolato a far cambiare la personalità di Mattia quanto l’amore nei confronti di Cecilia, che crede in valori che sono nuovi per lui. La vera scintilla di cambiamento, comunque, nasce con la conoscenza di Kamal, l’operaio egiziano. Parlo di vera conoscenza, che inizia dal momento in cui cade dal tetto, e modificherà totalmente il loro rapporto. In tutto questo, il cioccolato è stato lo strumento per arrivare al cambiamento, e con sé ha portato dietro ogni suo ingrediente, come la dolcezza, la morbidezza, la bontà.
Una storia sul cacao, ma incentrata anche su lavoro in nero, precarietà e buoni sentimenti. Cosa unisce tra loro questi temi all’apparenza eterogenei?
Il “filo rosso” potrebbe essere l’estrema attualità di questi problemi. Tutti noi abbiamo sentito cosa è successo di recente, ad esempio, alla Thyssenkrupp, o nei cantieri di Marghera, del Ravennate e di altri parti d’Italia. Diciamo che in Italia nel lavoro non c’è sicurezza, ci sono molti deficit nel rispetto e nella cura delle persone che lavorano. Il cioccolato è stato un motore per parlare delle inefficienze italiane e per raccontare meglio questa storia, che voleva parlare anche di altre cose come l’amicizia e la tolleranza. Come accade nella lavorazione del cioccolato, si è trattato di combinare bene tutti gli elementi.
Temi importanti, dunque, e anche “scottanti” nell’attualità delle nostre cronache. È stato difficile affrontarli con sorriso ed ironia? Quanto ha influito la presenza nel cast di bravissimi attori comici, come Neri Marcorè e Vito?
Non è stato difficile perché abbiamo trattato ogni tema con leggerezza, ma anche con estremo rispetto. I problemi degli italiani non sono cose dove si scherza e basta; al massimo, anche scherzando, bisogna ottenere un risultato, almeno quello di far riflettere. Una risata spesso può esorcizzare sentimenti, stati d’animo e pensieri, e può anche far arrivare al pubblico e comunicare questi pensieri. Sicuramente, attori così bravi nei tempi comici aiutano alla riuscita dell’intento.
Come giudica la risposta del pubblico alle sue Lezioni?
È la risposta più bella e confortante. Il film ha vissuto molto grazie al passaparola. Tra il primo e il secondo week-end di proiezione non c’è stato alcun tipo di flessione, come invece accade fisiologicamente alla maggioranza delle pellicole. Abbiamo mantenuto più o meno la stessa media incasso-diffusione anche nelle settimane successive, segno evidente che il passaparola è stato essenziale.
La vicenda ruota attorno a divisioni e scontri tra personaggi di cultura diversa, ma alla fine emergono i punti di contatto tra le persone: il cioccolato, il vino, l’amore e la famiglia. Perché, secondo te, nella nostra società questi contatti fanno fatica a emergere?
Noi abbiamo provato a indicare quale fosse la strada per essere un po’ più moderati e riuscire a integrarsi nel confronto tra culture. Questo ovviamente è solo un esempio, poi nella vita reale intervengono fattori che non sono così semplici. Magari fosse tutto come nei film…In ogni caso, da qui possono emergere degli elementi utili per favorire punti d’incontro tra culture e religioni diverse.
Due mondi in contrasto, ma alla fine compatibili tra loro. Qualcuno ha rimproverato al film un eccesso di buonismo, soprattutto nel finale della storia. La pacifica convivenza tra culture è un’utopia o una speranza?
Sicuramente non è un obiettivo facile, e può avere qualcosa di utopico. È anche vero che le critiche sono arrivate da testate che usavano argomenti discutibili, ad esempio contrastavano il fatto che un extracomunitario si permettesse di dare lezioni di vita a un italiano… ovviamente queste cose a noi fanno molto ridere, e tutti noi che abbiamo collaborato a questo film sappiamo che se una critica parte da questi presupposti, difficilmente ci risulta credibile e merita il nostro ascolto. Quanto al finale, come già detto, è un’idea, una delle tante soluzioni possibili. La realtà, poi, è molto più complessa, e ognuno la vede come meglio desidera.