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Marmi color avorio. Illuminazione soffusa. Teche di vetro, pannelli con spiegazioni in italiano e in inglese. Un acronimo. Non manca niente della moderna concezione museale.

Marmi color avorio. Illuminazione soffusa. Teche di vetro, pannelli con spiegazioni in italiano e in inglese. Un acronimo. Non manca niente della moderna concezione museale. Siamo a Taranto. E si parla del Museo Archeologico, oggi più brevemente rinominato MARTA www.museotaranto.it. Un nome di donna. E un’effigie di donna in terracotta colorata come immagine. Bellissima e austera. Con le labbra colorate di rosso e con la testa dalla quale si può capire dove venivano posti gli splendidi diademi in oro. Dopo sette anni di lavori di restauro, le porte del Museo si sono riaperte, all’inaugurazione erano presenti Rutelli e il rosso presidente della Regione Nichi Vendola. Il museo era un posto buio, pieno di vetrinette e colmo di un’infinità di reperti. Adesso ha riaperto solo un piano del museo, entro un anno riaprirà nella sua interezza. Dieci ampie sale sono visitabili, con una luminosità che fa da contrasto al ricordo del passato. Per la città è un segno forte. Il museo rappresenta la storia gloriosa di una città messa in ginocchio da politiche sbagliate. Taranto rappresenta il disastro di andare contro natura, nel vero senso del termine. La bellezza dei due mari e delle coste ne fa un luogo affascinante, turistico per vocazione. Ogni tarantino ha questi due mari dentro, il mar Piccolo e il mar Grande. Un nucleo protetto e calmo e l’altro aperto, che spinge ad andare. Il mare è ancora tra i più belli dove fare un bagno d’estate. I Greci lo sapevano allora. Una posizione di certo strategica per le rotte orientali. I Greci hanno dato a Taranto la bellezza. Si intravede nelle stanze del museo. Un artigianato raffinato ed elegante, gioielli lavorati e sobri, statuine delicate, pitture vascolari di armoniosa fattura, statue, bassorilievi, mosaici dalle linee moderne. Doveva essere veramente uno splendore.
Certo, stare a parlare sempre della stessa cosa diventa un luogo comune. La stessa cosa sarebbe l’Ilva: il complesso siderurgico che si estende alle porte della città e che compone un panorama terrificante di fumi e di ciminiere. Il mio sogno è che un giorno si trasformi in un grandissimo complesso di arte contemporanea e di architettura industriale. A Bilbao ho visto una cosa del genere, non è un’utopia. Ma è dalle cose piccole, dai piccoli gesti che è giusto ripartire. Dopo due sindaci che sono stati un disastro dietro l’altro, ora a guidare una città in dissesto finanziario è una persona onesta, Ippazio Stefàno. Già nell’accento su una vocale si distingue, come le vecchie parole poetiche accentate in modo insolito. Ha presidiato il posto di primo cittadino con un gesto esemplare: ha rinunciato allo stipendio da sindaco. Dopo amministrazioni comunali che hanno guardato solo al proprio interesse individuale e all’arricchimento alle spese della gente, mi è parso un gesto simbolico eccezionale, una sorta di schiaffo morale a quella borghesia pretenziosa, rappresentata dall’ex sindaco Rossana Di Bello, tutta apparenza e ostentazione e rampantismo forza italiota becero che qui ha molta presa. O alla mafia fascistoide di picchiatori espressa da Giancarlo Cito, icona in piccolo di una ignoranza temeraria che crede di poter fare il bello e il cattivo tempo a forza di connivenze, giochi sporchi e reti televisive. Non so quanto durerà questo periodo di amministrazione onesta. Ma per ora c’è ed è giusto constatarlo. E per ora, oltre al museo da visitare, ci sono anche due belle mostre a Taranto, che sono espressione di un’apertura intelligente. Fanno parte dell’iniziativa Nati a Taranto www.natiataranto.it, inaugurata da Mario Monicelli. L’intento è quello di mostrare talenti che si sono affermati fuori della città, in altri contesti. Ho appreso dell’iniziativa attraverso un cartellone pubblicitario: una carrozzina con due remi accanto e una coccarda fatta di un nastro blu e uno rosso (i colori della città). Una bella immagine, che fa da contrasto con l’usanza di pubblicità urlate e pacchiane e che emerge per l’intelligenza e il senso. Tra gli sponsor, però, c’è proprio il nemico, l’Ilva. Ma ci torneremo in seguito.

Le due mostre sono in due sedi anch’esse emblematiche: il fotografo di fama internazionale Pino Settanni www.pinosettanni.it espone cento ritratti all’interno del Palazzo Aragonese, che è un castello rimasto intatto nella bellezza architettonica, dal quale si staglia il famoso ponte girevole, e che è di proprietà della Marina Militare. Ora, l’Ilva da una parte e la Marina Militare dall’altra sono i due poli di sostentamento economico della città. I due poli ufficiali. Non dimentichiamoci che Taranto è anche una base Nato, o meglio la più grande del Mediterraneo. Pino Settanni, nato a Taranto nel 1949 e partito nel 1973 alla volta di Roma, fotografa con occhio da pittore. I suoi ritratti colgono personaggi italiani famosi della cultura e spettacolo in pose certamente studiate ma con un bell’equilibrio tra intensità, sensibilità e divertimento allegro. Lo specchio dell’anima è una mostra di ritratti sensuali, dove la sensualità non risiede solo nei corpi, ma nell’espressione del viso, ed è realizzata attraverso un uso intenso della luce, tanto da rendere le immagini a colori altrettanto intense rispetto al bianco e nero, cosa alquanto rara. Tra le immagini più belle, Federico Fellini che scaglia in aria matite colorate e Mario Monicelli avvolto in una sciarpa rossa, che pare la stessa ad essere sollevata dal vento di una passeggiata al mare di Marcello Mastroianni.

L’altra mostra è di pittura, è una personale di Roberto Caradonna www.robertocaradonna.com, classe 1953, che vive e lavora ad Amsterdam ed espone alla Galleria Frans Jacobs Fine Arts di Parigi assieme a Chagall, Picasso, Matisse e Vlaminck. Caradonna ha una cifra stilistica personalissima, realizza dipinti di matrice esistenziale ma è leggero nel segno e nell’uso dei colori. Spazia dai piccolissimi ai grandi formati e nel contrasto tra i contenuti forti di protesta e la forma delicata trova grande espressività. La sua Eterna Odissea è una mostra di 71 opere suggestive, che spaziano dall’uso di tele, ceramica e composizioni vicine a una sorta di pop art di matrice classica prettamente italiana. Le opere sono esposte a Palazzo D’Aquino, nella Città Vecchia. Il palazzo cinquecentesco, restaurato di recente che nasconde all’interno uno splendido giardino dall’incantevole colonnato, era sede dell’Accademia degli Audaci. Adesso, in comodato al Comune di Bari, sarà sede amministrativa dell’Università che aprirà a Taranto, sotto l’egida dell’Università di Bari. Si spera che verrà concesso ancora per ospitare mostre, data la sua evidente, seppur nascosta, bellezza.
Come si può notare, le iniziative di Nati a Taranto, seppur promosse dal Comune, sono sostentate grazie all’appoggio esterno e di privati, grazie ai quali sono dati gratuitamente persino i bei cataloghi delle mostre. Solo una pubblicazione è a pagamento: 10 euro per un volume omonimo, Nati a Taranto, che raccoglie testimonianze sulla città di chi ha realizzato la propria vita in altri luoghi. Tra chi scrive, è presente anche il magistrato Giancarlo De Cataldo, ormai più noto come scrittore. Dei 10 euro, 5 vanno in donazione alla biblioteca cittadina. Come fare a criticare, dunque, la presenza di uno sponsor scomodo in una iniziativa così ben studiata? L’unica speranza è che ci sia un’apertura all’interno della stessa Ilva, che cioè si faccia qualcosa di reale e concreto per ridurre il preoccupante inquinamento. O che ci sia, come forse è più realistico, una sorta di dialogo aperto tra tutte le forze in campo a Taranto sulla via della riapertura di un canale culturale che possa davvero contribuire a cambiare la fisionomia di una città che, seppur bastonata, conserva ancora bellezze sommerse.
Come dimostrano le immagini di Danilo Carriglio, fotografo tarantino, autore di immagini di forza e delicatezza, forse la cosa più bella, contenuta nel volume Nati a Taranto, fatta da chi la città la conosce davvero vivendoci e la sa raccontare: http://www.flickr.com/photos/dankar

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