De Gregori era il mio cantautore preferito negli anni dell’adolescenza schifa. Superava Dalla, Venditti (ci voleva veramente poco con Venditti), Guccini, De André. Il tempo passa… adesso mi dovrebbero pagare per andare a vedere un concerto di Dalla o di Venditti… Guccini fa il solito Guccini. De André, invece, è diventato per me qualcosa di imprescindibile. Le sue canzoni, in direzione sempre ostinata e contraria, mi servono durante le giornate come l’aria che respiro… De Gregori rimane comunque una presenza importantissima nella mia personale discografia, anche se i suoi ultimi album non sono così belli come “Rimmel”, “Titanic”, “Scacchi e tarocchi”, “Terra di nessuno”… Venerdì 7 dicembre. Piove a Roma. Mi avvicino all’Auditorium della Conciliazione, De Gregori tiene il primo dei suoi due concerti, in concomitanza con l’uscita del suo nuovo album dal vivo “Left & right”. È la prima volta che lo ascolto in una sala decente per fare musica. Gli altri suoi concerti li ho visti al Palaeur. Una tragedia acustica che grida vendetta a Dio e agli uomini. Aspetto il mio amico, poi quando arriva entriamo. L’Auditorium è pieno. Abbiamo comprato i biglietti più economici (27 euro, sic!) e ci ritroviamo nelle ultime file, con una bella lastra di vetro in primo piano. Beh quando si spengono le luci, dice il mio amico, non si dovrebbe notare… Speriamo. Dopo un quarto d’ora si fa buio. Arrivano i musicisti che si dispongono in circolo sul palco. E poi eccolo, il Principe. Saluta, da il benvenuto alle signore e ai signori, dice che lui e il suo gruppo presenteranno le ultime canzoni che hanno scritto e poi attacca. Titanic… ecco appunto… fa sempre il Dylan Francesco, le versioni delle sue canzoni cambiano continuamente. Qui sembra veramente che c’è l’orchestrina che l’accompagna (c’è anche la fisarmonica), il suono è caldo e avvolgente. Poi I muscoli del Capitano, “tutti di plastica e di metano”… Quando l’ha scritta eravamo all’alba dell’era craxiana e lui ne aveva già previsto l’inabissarsi… “Signor mozzo io non vedo niente, c’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole, andiamo avanti tranquillamente”, alla fine c’è lo splendido e malinconico assolo del pianoforte che ci precede verso il disastro… Francesco attacca con L’abbigliamento di un fuochista… Le prime tre canzoni prese da un album di venticinque anni fa… “Titanic” appunto… Che vorrà dirci il Principe?… Che “la gente oggi non ha più paura di niente, nemmeno di rubare” e “a me mi rubano la vita, quando mi mettono a faticare per pochi dollari nelle caldaie sotto al livello del mare. In questa nera nera nave che mi dicono che non può affondare”… E’ soltanto una coincidenza, certo, ma io vado con la mente a Torino, agli operai morti… Insomma la situazione della nave è ancora adesso disperante (altro che “non buona” come afferma Celentano)… De Gregori fa poker con “Titanic”… La leva calcistica della classe ’68… Lui un’idea c’è l’ha per salvare questa nave alla deriva… Ci vuole “coraggio, altruismo, fantasia”… E non bisogna aver paura… Insomma la passione, come quella che ci mette lui questa sera. Si vede che gli piace cantare, gli piace fare musica con i suoi musicisti. Io sto già con le lacrime agli occhi… Poi una pausa dal passato, ecco Battere e levare… “Stasera guardo questa strada e non lo so dove mi tocca andare” (a chi lo dici France’!)… Poi Festival, una canzone scritta molti anni fa in memoria di Luigi Tenco, l’angelo che girava senza spada… La città dei fiori di cui canta Francesco è ancora lì con la sua spaventosa ipocrisia… Le altre canzoni, prima dell’intervallo, sono ancora pezzi del suo straordinario passato: Natale, Raggio di sole… una piccola intrusione nel repertorio recente: Caldo e scuro, con quello splendido verso, “L’amore insegna, ma non si fa imparare”… poi Generale… “queste cinque lacrime sulla mia pelle, che senso hanno”… Anche noi ce lo domandiamo ancora, insieme a lui… De Gregori sembra fondersi con i suoi musicisti e fare schermo per poche ore alla stupidità selvaggia che gira intorno a questa città, a questo paese… L’ultima canzone prima dell’intervallo è Sempre e per sempre, una delle più belle degli ultimi anni… E’ da solo, con il pianoforte… La sua voce mette i brividi: “sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai”… Già questo basterebbe… L’intervallo dura un quarto d’ora, poi lui e la sua band ritornano sul palco. Attacca Vai in Africa, Celestino!… Fa La ballata dell’uomo ragno, forse una delle sue canzoni meno riuscite. Ricordo quando l’ho sentita al Palaeur; erano gli ultimi fuochi del CAF (per i più piccini: Craxi/Andreotti/Forlani) ed eravamo tutti avvelenati, soprattutto contro Craxi… “Si atteggia a Mitterand, ma è peggio di Nerone”. Allora ci spellavamo le mani. Adesso la canzone sembra quasi addolcita dalla dimensione acustica del concerto. Ma quelle parole, evidentemente, sono ancora attuali… Com’è ancora attuale Adelante, Adelante!, scritta quindici anni fa… “Questa terra senza misura, che già confonde la notte e il giorno, e la partenza con il ritorno, e la ricchezza con il rumore, ed il diritto con il favore, e l’innocente con il criminale, ed il diritto con il carnevale”… Questo concerto è più politico di quanto ci si potrebbe immaginare… De Gregori utilizza spesso l’armonica a bocca e la band a tratti lo supporta con delle improvvisazioni rock-blues… C’è il tempo per fare Per le strade di Roma dal suo ultimo album in studio “Calypsos”, una meravigliosa indagine poetica della sua città con quel verso che mette i brividi: “ed il futuro intanto passa e non perdona”… c’è l’ha fatta sudare, ma poi eccola… Rimmel… io sto sotto la sedia per l’emozione, per questa voce, queste parole che riesco a sentire meravigliosamente bene, grazie all’acustica dell’Auditorium… e poi La valigia dell’attore, di una struggente malinconia, e Il bandito e il campione… durante quest’ultima canzone fa una pausa per far risaltare ancora di più quel verso: “cercavi giustizia, ma trovasti la legge”… Francesco ringrazia e se ne va, poi ritorna per il bis… La donna cannone, con l’accompagnamento del solo pianoforte… ho la pelle d’oca… la sua voce che sembra quasi disegnare in cielo questo meraviglioso mistero che vola… l’Auditorium è tutto ai suoi piedi… finisce con una scatenata Buonanotte Fiorellino, con lui che gli da giù con l’armonica a bocca… ringrazia tutti, adesso è proprio finita… Esco dall’Auditorium pensando non soltanto di aver ascoltato un grande concerto, ma di aver letto anche un grande romanzo, un romanzo che parla con coraggio di questo nostro paese… A marzo De Gregori tornerà a Roma per un altro concerto all’Auditorium della Conciliazione, ed io ci sarò… sempre e per sempre dalla stessa parte.