Due (con)versioni

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Fino al 25 dicembre 2006 nella chiesa di Santa Maria del Popolo si può ammirare la doppia versione della Conversione di San Paolo di Caravaggio.

Fino al 25 dicembre 2006 nella chiesa di Santa Maria del Popolo si può ammirare la doppia versione della Conversione di San Paolo di Caravaggio. Nella chiesa romana finora è sempre stata esposta la seconda versione, diciamo quella ufficiale. La storia dice che la prima versione dipinta da Michelangelo da Merisi fosse stata rifiutata in quanto troppo accesa e forte rispetto alla seconda, che grazie alla pacatezza e alla tranquillità che infonde ha riscosso invece unanime apprezzamento.
La prima versione è stata conservata nella collezione privata Odescalchi-Balbi e adesso per la prima volta, in occasione della fine dell’accurato restauro, ne è stata concessa l’esposizione al pubblico, mettendola a confronto diretto con la seconda. Dopo quattrocento anni viene dunque resa ufficiale, e collocata seppur temporaneamente nella cappella alla quale doveva essere destinata.
L’accesso alla mostra, anche se gratuito, è denso di difficoltà. Si può provare a entrare fino alle nove di sera da lunedì a sabato e l’orario prossimo alla chiusura è quello consigliato se si vogliono evitare code infinite di turisti mischiati a passanti, attirati dall’affissione pubblicitaria fuori dalla chiesa, dove come emblema del dipinto è stato scelto il dettaglio del cavallo.
Poi, una volta entrati in una delle chiese romane più ricche di opere importanti, si riesce ad accedere alla cappella Cerasi attraverso un percorso transennato in mezzo al quale i pannelli spiegano la vita di Caravaggio e la storia della doppia versione del dipinto, dando un’interpretazione assai diversa rispetto a quella finora tramandata: pare infatti che sia stato per lo stesso volere di Caravaggio che la prima versione non sia stata esposta, in quanto l’architettura della chiesa avrebbe costretto il dipinto in una cappella che non permette l’osservazione da lontano ma solo da vicino. E questo, secondo Caravaggio, avrebbe impedito la giusta visuale alla quale era destinata la sua Conversione originale, vista la composizione decisamente più teatrale e movimentata (in piena coerenza con l’impostazione drammatica e scenica barocca), rispetto a quella più sobria e semplice della seconda.
Un avvertimento, il tempo che si ha a disposizione per la visita è letteralmente contato, non è permesso sostare più di una decina di minuti davanti alle due versioni, per dare la possibilità a tutti di guardare le opere. Io sono stata quasi assalita dagli addetti alla gestione del tempo di osservazione, ho provato a nascondermi per continuare a guardare ma non c’è stato verso. Avrei preferito nettamente pagare un biglietto e stare quanto volessi a osservare le differenze piuttosto che osservare gratis ben due opere in così poco tempo. Per cui quello che scrivo è decisamente dettato da un’impressione piuttosto che da un’osservazione attenta, con tutti i limiti che questo comporta.
Nell’enciclopedia “libera” (ma non a tempo, in quanto internet comunque si paga) Wikipedia viene raccontato che San Paolo “In giovinezza frequentò a Gerusalemme la scuola di rabbi Gamaliele il Vecchio (successore di Hillel), e fu educato secondo la profonda religiosità delle rigide tradizioni farisaiche (At 22,3; Fil 3,5-6). Ricoperse, all’interno del gruppo, vari ruoli di particolare rilievo: ebbe ad esempio il diritto di voto nel Sinedrio ebraico (At 26,10), che giudicava le cause di maggior rilevanza giuridica. Ricevette presto il compito di andare a Damasco ad imprigionare i cristiani di quella città (At 9,2). Fu particolarmente zelante e deciso contro la religione di Gesù, che cominciava a diffondersi e affermarsi (Gal 1,14). Partecipò anche alla lapidazione di Stefano custodendo le vesti degli uccisori, come è testimoniato negli Atti degli apostoli (At 8,1 22,20) Dagli scritti che gli sono attribuiti emerge l’immagine di un “uomo tutto d’un pezzo”, incapace di compromessi, ardente ed impetuoso, portato ad arrivare in fondo alle cose di sua competenza senza risparmio e senza riserva di sé. Tale temperamento lo rese dapprima terribile persecutore dei Cristiani e poi, una volta convertito, instancabile diffusore del Cristianesimo in tutto il bacino del mar Mediterraneo, tra difficoltà, pericoli e fatiche di ogni genere (2Cor 11,23-28), e con uno zelo incontenibile (1Cor 9,19-23). Uomo sensibile, facile alla commozione, risulta capace di amare ardentemente i “suoi” fedeli e le “sue” comunità (1Ts 2,7-12 1Cor 4,15)“.
Dunque la sua conversione al cristianesimo è stata particolarmente significativa in quanto la stessa veemenza usata per combattere i cristiani Paolo la usava poi per combattere i nemici del cristianesimo. Come se oggi, che ne so, Berlusconi decidesse di diventare comunista. Probabilmente sarebbe l’uomo più osannato e diventerebbe l’eroe più raffigurato nelle installazioni di arte contemporanea. Quindi non importa che tu sia assolutista e poi diventi tollerante e aperto, no. Questo cambiamento non è mai importato tanto. Importa come usi la tua intolleranza.
Ma come avvenne la conversione di San Paolo?
Secondo il suo stesso racconto (Gal 1,13 1Tim 1,12-13), mentre camminava sulla via di Damasco, sarebbe caduto a terra accecato da una luce intensa e sentendo la voce di Gesù. Narra di essere rimasto cieco per tre giorni, senza mangiare e bere nulla, recuperando la vista solo dopo l’imposizione delle mani da parte di Anania, un cristiano inviato da Dio quale missus dominicus. Di conseguenza egli stesso sentì come una singolare e straordinaria grazia la sua vocazione e chiamata, tanto che si trasformerà in “cantore della Grazia”. (Ef 2,8-10)“.
E possiamo dunque tornare a Caravaggio, che dipinge San Paolo caduto da cavallo folgorato dalla luce divina. La prima versione ritrae San Paolo barbuto, svestito, che si copre la faccia con le mani. Vi è un moto di dolore e di resistenza, evidente soprattutto nella posa dello scudiero, che vestito invece di tutto punto, tende la lancia minacciosamente contro l’apparizione dell’angelo e della figura divina in alto a destra. Si percepisce chiaramente una lotta, non una resa o un’illuminazione ma un dolore.
La seconda versione della Conversione ritrae per contro un Paolo molto più giovane, vestito, con le braccia aperte come per accogliere, il viso scoperto, in estasi. La scena è più semplice, quieta, quasi dimessa. La grazia divina è raffigurata dalla sola luce, lo scudiero dietro il cavallo, più umile stavolta, osserva la scena in modo pietoso e dimesso.
Mi viene da pensare che quanto sia stato tramandato finora, la storia del rifiuto di esporre la prima versione, avesse un visibile e ragionevole fondamento. In ogni caso in un momento come questo nel quale le appartenenze religiose sono tornate in auge, il doppio aspetto della conversione può essere un interessante spunto, soprattutto se visto in una luce laica, quella in ogni caso bellissima di Caravaggio.

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