Inchiesta su Gesù

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Chi è Yehoshua ben Yosef meglio conosciuto come Gesù? Dove è nato, quando, da chi, che lingua parlava, che studi ha fatto, a quale religione apparteneva

Chi è Yehoshua ben Yosef meglio conosciuto come Gesù? Dove è nato, quando, da chi, che lingua parlava, che studi ha fatto, a quale religione apparteneva (visto che il cristianesimo è stato fondato solo dopo di lui)? Perché è stato processato? Perché è stato mandato a morire in quella maniera? Chi lo ha condannato?
Siamo a Fiumicino, teatro Traiano, ore 19.00. Corrado Augias ha appena cominciato a parlare e nel teatro si è fatto silenzio. Ce l’aspettavamo diverso, un po’ più compassato, un po’ più formale dentro l’abito grigio in cui siamo soliti vederlo. Invece è qui: un paio di pantaloni, un maglione, il ciuffo spettinato del ragazzino che ha avuto fretta di uscire e non ha pensato a rassettarsi. E sta parlando con una semplicità che disorienta, snocciolando senza perifrasi gli interrogativi che l’hanno indotto a cercare il vero Gesù, quello che non corrisponde alla figura che l’Ecclesia ha ingessato intorno a quel piccolo ebreo nato nell’anno 750 ab Urbe condita.
“Vi dirò delle ragioni per le quali io, che non sono cristiano, ho sentito il bisogno di scrivere un libro su di lui” esordisce. E subito gli occhi di tutti gli si puntano addosso con una curiosità così sfacciata da lasciar intendere che neppure una delle sue parole andrà perduta.
“Innanzitutto per uno stato di insoddisfazione” dice “sono nato in Italia, ho continui contatti con i riti del cattolicesimo, ho molto amici cattolici, ma ho sempre avuto la sensazione che la figura di Gesù fosse come congelata in una forma rigida, determinata dalla necessità di essere sistemata dottrinalmente, coerente con ciò che i dogmi hanno deciso che doveva essere l’uomo posto sugli altari…”. Si guarda intorno. Gli occhi della platea non si scollano da lui.
“Poi per alcune evidenti assurdità” sorride “possibile che la famiglia di Gesù fosse tutta di vergini? Da dove nasce una fede così difforme dalla vita, da quelle che sono le esigenze della vita da che mondo è mondo?
E ancora: com’è possibile che un abile mestierante, basandosi su una leggenda medievale che vuole la Maddalena compagna di Cristo e madre dei suoi figli, abbia avuto una fortuna così grande col suo romanzo tutto sommato modesto, quel Codice da Vinci i cui personaggi sembrano figurine ritagliate nel cartone, la scrittura è senza nerbo, le metafore sbiadite? Evidentemente l’insoddisfazione sulla vita di Gesù è talmente diffusa, e così grande l’ansia di sapere, che è bastata una storia per nulla attendibile a far vendere milioni di copie.
E ancora: è possibile che molti cattolici non sanno in che cosa credono? C’è un’ignoranza abissale tra i cristiani, non conoscono, non leggono, non si chinano a indagare le scritture. Perché?
E poi, infine, anche per alcuni motivi miei, diciamo “esistenziali”, da non tenere in conto in questa sede”, abbassa gli occhi sugli appunti che ha davanti, come se il riferimento ai motivi personali fosse una debolezza alla quale subito riparare: “Così ho contattato il professor Mauro Pesce” riprende infatti tornando al dato inconfutabile della Storia “eminente biblista, e gli ho chiesto se volesse avere un colloquio con me. Ci siamo incontrati. I nostri colloqui sono stati registrati, poi trascritti, poi riassunti… e da essi è nato questo libro”.
Un cellulare squilla insistentemente e il proprietario risponde. Un borbottio che infastidisce moltissimo, che spezza l’atmosfera di attesa che si è creata in platea. Augias smette di parlare. Per il teatro serpeggia il disagio. Di cui il proprietario del cellulare sembra non accorgersi. Ed è solo quando torna il silenzio che il giornalista riprende a parlare:
“Così sono venuto a scoprire” dice “che tolta dalla “ossificazione” della teologia, questa figura balza fuori straordinariamente viva: un uomo che vuole sapere che cosa gli altri pensano di lui (“Chi dite che io sia”), che prega Dio per sapere che cosa deve fare, che incontra folle sterminate… a proposito, sapete cosa sono queste “folle sterminate”? Ottanta, al massimo duecento persone, tanti erano gli abitanti dei villaggi della Galilea. Che gli portano i vecchi e i malati: il muto, il sordo… li portano in mezzo alla strada perché lui è un taumaturgo e li guarisce. Ma è anche un profeta, che predica – come le centinaia di profeti invasati da Dio predicavano in quei giorni – che quel mondo sta per finire, e che ci sarà un nuovo mondo, un ritorno all’Eden, al Regno di Dio. Lui però è il più bravo, quello dotato di poteri taumaturgici più forti. Ma è anche uno che conosce molto bene la situazione politica di quel momento storico, che parla più lingue: l’aramaico, l’ebraico, un po’ di greco e anche di latino visto che Gerusalemme è in mano ai romani, governata da quel Ponzio Pilato, uomo durissimo che condannerà a morte proprio lui, il piccolo ebreo che ha preteso di scardinare uno dei principii su cui si fonda l’Impero di Roma, e cioè che Dio e Cesare sono la stessa cosa, che si è permesso di dare un colpo di spada e separare Dio da Cesare (“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”) creando una frattura insanabile col governo dei conquistatori e facendo sì che i suoi futuri seguaci siano considerati “nefandi” persino da Tacito.
Bene, quello che ho appena detto è suffragato dai testi. Mi si potrà obiettare che nei testi c’è scritto anche altro, ma bisogna vedere come è scritto. Finisco dicendo che dopo la morte di Gesù, il racconto delle vicende dell’uomo morto in croce diventò sempre più nebuloso, fino a quando – dopo il 70 e la distruzione di Gerusalemme – ogni comunità cominciò a mettere per iscritto ciò che i discepoli dei discepoli ricordavano di lui. Perciò i vangeli sono decine, tanto che quando si formò una gerarchia e si cercò di mettere ordine, tra queste decine se ne scelsero soltanto quattro condannando tutti gli altri all’oblio”.
Augias ha finito. Abbiamo voluto riportare per intero le sue parole perché ci sembrano le uniche che possono raccontare bene il suo libro.
Adesso le domande incalzano. Qualcuno gli chiede perché i cristiani si occupano così poco dei loro testi.
“Perché il cristianesimo non è la religione del Libro ma la religione della speranza. Ed è questa la cosa bellissima. Non contano le contraddizioni rispetto al messaggio di speranza che un uomo come noi, che è anche Dio, ha portato”.
Si alza una selva di mani che chiede attenzione:
“Che cosa le ha dato questo incontro con il Gesù storico?” chiede una donna “La speranza di cui si è fatto portatore ha cambiato la sua prospettiva? Le ha dato speranza?”.
Augias scuote la testa: “No. Io so che alla fine dei miei giorni sarò bruciato (voglio che sia così), che le mie ceneri saranno disperse, e che di me non resterà nulla”.
Un attimo di silenzio. Poi qualcuno si ribella, incalza con domande che tendono a portare il relatore lungo i binari della fede. Ma Augias si sottrae, sorride: “Il Gesù senza la fede è più affascinante, credetemi. E’ una persona semplice, dice delle cose elementari, parla ai contadini. Sono rimasto abbacinato da questo Gesù privato della sua chiesa che tante volte è così deludente. Il suo insegnamento va verso una direzione completamente diversa. E’ così bravo, così coerente con quello che dice che viene voglia di abbracciarlo… Ma il dopo, la vita eterna, la resurrezione… quella è un’altra storia”.
Un uomo prende la parola: “Gesù ha delle pretese. Quando dice al giovane ricco: “Va’, vendi quello che hai, poi vieni e seguimi”, o quando lava i piedi agli apostoli dicendo che devono farsi servi degli altri, o quando parla della Carità, esprime delle pretese verso le quali bisogna prendere posizione, dare delle risposte. Lei come si pone di fronte a esse?”.
“Esattamente come lei, caro signore, io penso che sia un dovere dare agli altri, perché Carità significa privare se stessi per dare agli altri. Ci sono stati tempi in cui ho creduto nel comunismo. Oggi dovrei credere nella Finanziaria…”.
Si ride. Augias si alza. L’incontro è finito. Scende dal palco e intorno a lui si fa immediatamente ressa.
Noi restiamo qui, con la nostra domanda che per ragioni di tempo non abbiamo potuto rivolgergli e che continua a bruciarci in punta di lingua: “E allora perché lo hanno usato? Perché ha fatto comodo estrapolarlo dalla realtà storica in cui è vissuto e farne un vessillo in nome del quale giustificare le peggiori nefandezze?”.
Domande troppo difficili forse, per rispondere alle quali non basterebbe un’intera serata.

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