La trombosi della malinconia

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Era il 27 agosto, il giorno del mio compleanno, quando mi presentai all’ufficio accettazioni. La trafila era stata lunga, ma ce l’avevo fatta.

Era il 27 agosto, il giorno del mio compleanno, quando mi presentai all’ufficio accettazioni. La trafila era stata lunga, ma ce l’avevo fatta. Entrai nella stanza. Seduta a una scrivania c’era una vecchia signora, la faccia coperta di rughe e una cicca che le pendeva floscia dalla bocca.
Fece un lungo tiro di sigaretta e cominciò a squadrarmi con i suoi grandi occhi a palla. Prese il modulo che aveva sulla scrivania e lesse ad alta voce: “Fabio Cozzi, professione scrittore. Libri pubblicati due. La raccolta di poesie Abbaino esistenziale e il romanzo autobiografico La trombosi della malinconia. Morto suicida il 20 agosto 2007. Motivo: la totale mancanza di successo letterario. I suoi libri non hanno ricevuto la benché minima recensione”. Fece un altro lungo tiro di sigaretta e appose con la penna stilografica una croce sul foglio. “Lasciami dire Cozzi”, iniziò la vecchia con la sigaretta nella mano puntata verso di me, “che voi scrittori suicidi ci state dando un sacco di problemi. Siete veramente irascibili, irresponsabili, ma soprattutto senza pace. Questo è l’inferno certo, ma è pur sempre un luogo rispettabile”. Spense la sigaretta sul posacenere su cui c’era scritto Hell’s Angels e continuò: “Prendi quel musone di Cesare Pavese. Sta cercando in tutti i modi di attaccare bottone con Ingeborg Bachmann. Ti lascio immaginare quale sarebbe la nostra soddisfazione se si fidanzassero. Sono due sfigati in amore, diciamocelo. Ma lei non ne vuole sapere. Appena lo vede cerca di bruciarlo. Si porta sempre dietro una tanica di benzina e un pacchetto di cerini. Adesso è in clinica; l’abbiamo sedata. Una volta, pensa, ha perfino tentato di dar fuoco a Hemingway. Quel poveraccio le voleva far fare soltanto un giro in moto. Per rincuorarlo gli abbiamo regalato una canna da pesca nuova.”

La vecchia signora rilesse per un attimo il mio modulo: “La trombosi della malinconia. Caspita, mio caro, non ci sei andato per il sottile con il tuo romanzo autobiografico. Lasciami guardare…” La vecchia si chinò sotto la scrivania e prese una pila di moduli. Fece un altro lungo tiro dalla sigaretta: “Dovrei smettere sai, enfisema. Il dottor Kildare mi ha consigliato di passare un mese in montagna, ma qui purtroppo siamo in pochi. Ah, ecco!!!”, prese un modulo ingiallito. “Forse, mio caro, potresti fare al caso nostro. Abbiamo un problema abbastanza delicato da risolvere. Un problema che non fa dormire il nostro capo, e se il nostro capo non dorme qui sono cazzi per tutti.” Mi sbatté sulle gambe il modulo che aveva tirato fuori e continuò: “Silvia Plath. Non ci siamo proprio con lei. Ha tentato di suicidarsi di nuovo. Ma qui all’inferno è vietato, non è consentito. Qui sei già morto, mio caro, non puoi morire un’altra volta. E poi che figura farebbe il mio capo? Pensa ai titoli dei giornali: “Silvia Plath insoddisfatta dell’inferno si suicida due volte”, neanche un buon ufficio stampa riuscirebbe a far fronte a una crisi del genere. Ogni giorno dobbiamo portarla a mangiare fuori. Al ristorante mai farla avvicinare a una cucina. Ma pranzare al ristorante, mio caro, costa e il mio capo, nel frattempo, ha deciso di tagliarmi i fondi. Così stiamo con il culo per terra. Fossero tutti come Virginia Woolf. Se ne sta seduta tutto il giorno vicino al torrente, a leggersi Shakespeare o Byron. Che donna, lasciamelo dire, che donna. Credo comunque che Silvia possa veramente fare al caso tuo. Sei scapolo, vero? Perfetto. Sai lei è una donna colta, cosmopolita. A volte anche molto socievole. Per uno che ha scritto La trombosi della malinconia sarebbe la partner ideale e poi potrei fare una telefonata al capo. Che ne dici di diventare famoso da morto? Il mio capo ha agganci con “Tuttolibri” e “L’almanacco dei libri” di Repubblica. Con quelli di “Alias” ci ha litigato. Una bella recensione di Abbaino esistenziale e diventi il nuovo caso letterario dell’anno. Non sai adesso quant’è contento Guido Morselli. Ha appena concluso un giro di conferenze. La tua Trombosi potrebbe concorrere al “Premio Strega”. Un bel premio alla memoria e dopo qualche anno sei già sulle antologie per la scuola. Possiamo già organizzare stasera con Silvia, se vuoi, una bella serata al night. Vedrai, rimarrai soddisfatto. Comunque ti debbo confessare una cosa: in un primo tempo avevo pensato a Majakovskij. Avevo chiamato subito il capo, ma mi ha detto che quello non si è suicidato”. Non si è suicidato? Ho fatto io. “Insomma, per fartela breve, sembra che l’abbia fatto fuori la polizia di Stalin. Vedi, mio caro, non ci sono più gli scrittori di una volta. Senti… per la recensione chi preferisci: Calasso o Citati?”.

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