Francesca Garello ha vinto per la seconda volta consecutiva il Trofeo RiLL sul racconto fantastico (mentre una menzione di merito è andata a due allievi della nostra Scuola Omero: Marco Minniti con il racconto Altrove e Luigina Sgarro con il racconto Specie dominante) e anche se Francesca Garello si autodefinisce ancora una “scrittrice principiante” ci è sembrato giusto chiederle a questo punto un articolo su donne e fantasy. Anche per contraddire il vecchio luogo comune che le signore non sappiano scrivere narrativa fantastica o fantascientifica, e anche per sfatare il vecchio luogo comune venusiano: “Donna all’astrovolante, collisione costante!”
Che le donne siano fantastiche è cosa nota (almeno per me che donna sono).
Che amino fantasticare è concetto tanto diffuso da essere ormai uno stereotipo.
Che scrivano di fantasie e sogni è testimoniato da qualunque storia della letteratura e dal catalogo di qualunque casa editrice italiana e mondiale.
E dunque è comprensibile che nel genere fantastico attualmente più popolare, il fantasy appunto, le donne sono piuttosto ben rappresentate. Questo può forse sembrare strano, poichè spesso si identifica il mondo fantasy con un posto pieno di eroi muscolosi e corazzati, armati di enormi spadoni a due mani e intenti principalmente a salvare il mondo da geni del male intenzionati a conquistare ogni terra conosciuta. Insomma, roba da maschi pieni di testosterone.
In realtà il fantasy, come ogni altro genere, ha subito un’evoluzione, e da Conan è passato attraverso infinite sfumature fino a giungere a più sofisticate ambientazioni. Sarebbe interessante chiedersi se questo cambiamento non sia stato merito anche delle scrittrici donne, alle quali probabilmente tutti questi spadoni a due mani non interessavano più di tanto. Questa è una domanda retorica, ovviamente, e io personalmente mi sono anche già risposta. E la risposta è “sì”.
Il mondo del fantasy è sempre più abitato da autrici. Non è neppure necessario nominare Marion Zimmer Bradley, che è tanto famosa da essere conosciuta anche dai frequentatori più distratti delle librerie (i suoi intensi romanzi della saga di Avalon sono sempre finiti nelle varie top-ten dei libri più venduti), o J.K. Rowling, la “mamma” del maghetto Harry Potter, del quale io stessa e la mia bambina di 5 anni siamo affezionate fans.
Queste due signore sono universalmente note ma altre, non meno meritevoli, si sono cimentate nel genere. Le autrici fantasy sembrano sfruttare questa ambientazione a 360 gradi, sperimentando tutte le possibilità da essa offerte. Alcune inseriscono l’elemento fantastico nella realtà storica, creando romanzi a metà tra lo storico e il magico: penso ad esempio a Juliene Osborne-McKnight, che si è ispirata alla storia d’Irlanda per una serie di romanzi fantasy.
Altre osano misurarsi con la rilettura di cicli leggendari già noti: oltre alla già citata Bradley è giusto ricordare anche Mary Stewart con il suo ciclo di Merlino.
Altre autrici, infine, non temono di cimentarsi con il fantasy più classico: è il caso di Barbara Hambly, che con il ciclo del guerriero Sun Wolf ha creato un tipico personaggio da heoric fantasy, variante prevalentemente maschile del genere.
Ormai il fantasy non è più neppure esclusivamente anglofono o comunque straniero: molte autrici italiane si cimentano in questo genere con risultati spesso notevoli: tra tutte vorrei citare Mariangela Cerrino, scrittrice di “fantastico” nel più ampio senso del termine: fantascienza, storico-fantastico, storico-magico ecc.
Insomma, si capisce che secondo me il fantasy è roba (anche) da donne?
E a me è sempre piaciuto tanto come lettrice da tentarmi anche come autrice: ho timidamente scritto i miei primi racconti in questo stile, forse pensando che, dato che non si trattava di roba veramente seria, potevo provarci anche io (il che poi non è così vero, dato che persino una scrittrice più volte candidata al Nobel per la letteratura, Ana Maria Matute, ha scritto un magnifico romanzo fantasy Olvidado Rey Gudù).
Però a questo punto devo fare una confessione.
Chi mi ha influenzata di più nella scrittura non è stata una donna, ma piuttosto due uomini. Il primo è il mai abbastanza celebrato J.R. R. Tolkien, e l’altro è Terry Pratchett, troppo poco celebrato, invece.
Dal primo non pretendo di aver preso alcunchè se non genericamente l’amore per questi mondi fantastici complessi e vasti: è stato il primo autore fantasy che io abbia mai letto, rimane il mio preferito ma è troppo al di sopra di qualunque aspirazione ragionevole, dal mio punto di vista. Il secondo invece è la mia guida e il mio faro illuminante nel meraviglioso mondo del fantasy umoristico. Se non avete letto la cosidetta Saga del mondo disco non sapete cosa voglia dire far ridere con intelligenza, narrare storie apparentemente assurde e invece basate spesso su una solida conoscenza dei classici: memorabile il suo Sorellanza stregonesca, che entra e esce dalle pieghe del Macbeth di Shakespeare con leggerezza ma con precisa consapevolezza del prototipo.
Pratchett è solitamente catalogato come un autore per ragazzi, immagino perchè fa ridere. Far ridere è una cosa poco seria? Forse sì, ma non nel senso che si intende comunemente. Come ebbe a dire più volte Massimo Mongai (, (altro maestro dell’umorismo fantastico-fantascientifico, e per di più di casa nostra! – che sta preparando una sorpresa omerica proprio tra fantasy e umorismo – nota di “O”), è più difficile scrivere bene cose che fanno ridere piuttosto che fanno piangere. Insomma, far ridere è una cosa seria!
Ci si dovrebbe chiedeer, a questo punto, se le donne fanno ridere. O meglio, se sanno far ridere. Altra domanda retorica, perché anche stavolta la mia risposta è “sì”.
Tuttavia non mi pare che a tutt’oggi ci siano scrittrici fantasy umoristiche. Sta a vedere che ho trovato una nicchia in cui sistemarmi. Dopotutto il mio racconto Pari opportunità che ha vinto il Trofeo RiLL 2005 per il miglior racconto fantastico fa ridere, o almeno quella era l’idea.
Quasi quasi io ci provo. Non so se diverto veramente i miei lettori, per ora l’unica cosa certa è che mi diverto molto io mentre scrivo. E per una scrittrice principiante è già molto!