Capodanno dei poeti

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Aiò al bar del corso a fai Sa Gara con Bernardo e Mario. Siamo a Seneghe e qua non si fa solo l’olio buono, vellutato e amaro come le poesie, che ti possono portare ai sapori tenui ma anche a farti la lingua come una raspa; qua si dicono versi a tema e in fretta, come in una gara.

Aiò al bar del corso a fai Sa Gara con Bernardo e Mario. Siamo a Seneghe e qua non si fa solo l’olio buono, vellutato e amaro come le poesie, che ti possono portare ai sapori tenui ma anche a farti la lingua come una raspa; qua si dicono versi a tema e in fretta, come in una gara. Non è tutta qui la poesia di Seneghe, o di questo Capodanno dei poeti, perchè respiri l’aria di abitudini ruvide diventate poi folklore, mentre le parole aspre ricordano quell’Antonio Cubeddu che, primo poeta organizzatore di una gara di poesia estemporanea, più di un secolo fa, aveva istituzionalizzato questa forma d’arte da stradaccia, da bar. Ogni rito dell’aggregazione sociale era accompagnato da questi canti; non c’era matrimonio o festa paesana che non fosse cadenzata da quel botta e risposta cantilenato e talvolta pindarico.
Nella prima settimana di Settembre, a Seneghe, Bernardo e Mario, i due signori che abbiamo trovato prima al bar, ossia Bernardo Zizi e Mario Masala, decani nella composizione poetica estemporanea, danno lezioni di mottettu, ottada, repentina e mutos, ossia le metriche che i diversi stili poetici di improvvisazione in lingua sarda. È solo il primo giorno del festival e gli astanti sono investiti dalla concitazione dei versi che sgorgano a getti, come spruzzi d’acqua da due fonti sotterranee, quelle della tradizione.

Non si è vista solo poesia cantata a Seneghe; ad esempio un viso conosciuto, magro come quello della rabbia che in passato si è rivolta verso le istituzioni e i giovani impigriti dal benessere, ti racconta le mille ribellioni di Lindo Ferretti (nell’immagine qui accanto). Il cantante dei vecchi CCCP e poi dei CSI, ora PGR, si sente a casa, come nel suo paese emiliano, Cerreto Alpi. Sarà spettatore e condivisore dello spirito della serata, come una presenza oscura e latente che racconta, a chi lo intervista sul palco della piazza di Santa Maria, i suoi progetti con Ambrogio Sparagna e la sua orchestra di organetti. Infine parlerà della sua passione per Dante e allora si capisce che anche se non salgono nello stesso palco, le anime dei poeti finiscono per incontrarsi nelle loro passioni, perchè Ferretti senza volerlo, parlando di una delle corone fiorentine introduce Franco Loi, divinosaggista (nella foto qui sotto).

Siamo una sfilza di uomini, siamo una collana, andiamo nel vento con l’aria dei coglioni, ci pare tutto sia nostro e, ormai lontana la piena dei vent’anni, ci resta il fumo, scrive in “Sem’na muccia” Franco Loi. È un inno a togliere dalla nostra personale bisaccia vitale quello che non serve e inseguire i versi, quelli che ci portiamo dentro raccolti nello scrigno delle emozioni. È felice questo poeta e saggista le cui rime sono state tradotte in tutto il mondo: voleva che il pubblico non fosse di soli poeti, perchè per lui la poesia è un’esigenza di tutti gli uomini, non da far conoscere meglio a chi l’ha già scoperta, ma da far scoprire a chi non la conosce. L’umanità è poetica, ma per il poeta genovese, figlio di un sardo, pochi partoriscono versi, forse per sfiducia in se stessi, forse perchè distratti dal mondo veloce e frenetico.
Il collaboratore del “Sole Ventiquattrore” rispolvera la parola, quella che lui definisce tramite di quel porto sepolto di cui parlava Ungaretti e che io chiamo anima. E allora se la parola ci mette a contatto con l’anima, lui diffonde la poesia come un profeta, perchè lui corre dove c’è parola e questa secondo le parole che promanano da lui, sedimenta, fiorisce e mostra i suoi frutti in ognuno di noi, come un bocciolo di mandorlo.
L’incontro tra Franco Loi ed Elisa Biagini a Seneghe, in occasione di questo “Capodanno dei poeti”, organizzato dall’intraprendente scrittore Flavio Soriga, non avverrà sul palco, ma nei versi. Lo scrivere altro finora mi ha salvato, non svelato la grana di questo linguaggio e la conta dei fogli morti, non dimostro la natura né lo spirito, ma ciò che vola in mezzo e insegue l’angelo dice la poetessa lasciando che le spore poetiche di Franco Loi attecchiscano anche oltre i confini della Sardegna disperse da altri rimatori profeti nelle fertili terre dell’animo di nuovi lettori.

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