Sergio Leone andò a Hollywood con il copione di Per un pugno di dollari per scritturare il protagonista. Aveva già in mente un nome, quello di Cliff Robertson, un attore da film d’azione di buon livello. Ma scoprì che il suo compenso era quasi pari al budget che i produttori Papi e Colombo avevano stanziato per un western “di serie B” come avrebbe dovuto essere il suo, con regista e attori mascherati dietro nomi americani: in tutto cento milioni dell’epoca, che erano pochini anche all’epoca.
Così si guardò in giro, e da quell’ottimo talent scout che è sempre stato mise gli occhi su un giovanotto, tale Clint Eastwood, che faceva la parte di un aiuto sceriffo zoppo in una serie televisiva western che si chiamava Gunsmoke. Lo scritturò davvero con un pugno di dollari, più o meno diecimila. E così cominciò il loro rapporto, che per quanto intenso non diventò mai una vera amicizia. Erano troppo diversi: Sergio estroverso, gran compagnone dentro e fuori dal set – e Clint invece uguale spiccicato ai suoi personaggi dello schermo: taciturno, ironico, impenetrabile.
Due bestie da cinema, nel senso migliore e peggiore del termine, che spiavano e rispettavano uno dell’altro il talento e la creatività ma che proprio per questo li vivevano con una specie di continua rivalità. Il denaro, che in qualche modo scarseggiando li aveva magicamente riuniti, come simbolo del loro successo era destinato a dividerli. Per qualche dollaro in più per Clint divento’ un compenso venti o trenta volte superiore a quello del debutto. E quando per il Buono, brutto e cattivo arrivò a Leone una richiesta nei paraggi del milioncino (ovviamente di dollari), Sergio prese quella giusta pretesa come una specie di offesa personale. Pensò subito a sostituirlo, anche se il film gli era stato cucito addosso su misura. E il nome che aveva in mente era già quello di Bronson, che avrebbe poi preso per C’era una volta il West. Ma la Major americana che metteva il grosso dei soldi rispose picche: o Clint nei panni del Biondo, o il film neanche si girava. E così Clint e Sergio si ritrovarono sul set a squadrarsi con lo stesso pensiero evidente negli occhi: “Bello mio, tu senza di me non saresti nessuno”. Se vi riguardate il film, scoprirete che Sergio si vendicò lasciando che Eli Wallach, splendidamente gigioneggiando, “rubasse” spesso le scene a Clint. La vendetta di Clint venne puntuale al momento di doppiare, a New York, un film che doveva sembrare girato in presa diretta: quando mise sul leggio lo shooting script, e sapendo per esperienza che durante l’edizione avevamo cambiato uno sfracello di dialoghi annunciò col suo tono più gelido :
“Io dico le battute che ho detto sul set”.
Poi naturalmente si finì a tarallucci e vino. Ma un fondo di dispetto rimase sempre tra Sergio e Clint, e ogni ulteriore occasione di lavorare in qualche modo insieme finì per naufragare. Vincenzoni ed io ancora piangiamo sulla possibilità concretissima e mai realizzata di dare un seguito al Buono brutto e cattivo: credete che sia un caso se avevamo pensato e scritto con Leone quel finale cosi’ “aperto”?
Io sono sicuro che se Sergio fosse ancora vivo Clint si farebbe tagliare un braccio piuttosto che dire che se non avesse lavorato con Leone forse non avrebbe mai vinto un Oscar. Anch’io se quella geniale carogna fosse ancora in circolazione non ammetterei mai pubblicamente che il novantanove per cento di quello che ho imparato del cinema l’ho imparato da lui.